L’impressione che ho avuto vedendo Jurassic World Dominion è che gli autori, prima di mettersi a scriverlo, abbiano osservato i grandi franchise concorrenziali, poi si siano guardati indietro e, rossi di vergogna, abbiano esclamato “ma noi che cazzo abbiamo fatto in tutti questi anni”. E spinti dal foco di questo santo imbarazzo abbiano cercato un modo di rimediare a tutto, ponendosi le domande giuste e difatto… evolvendosi.
Per far capire quello che intendo provo a parlare della mia esperienza personale. Jurassic Park è stato il primo film live action che io abbia realmente compreso e amato. Aveva tutto: dinosauri, concetti, il più bel tema mai composto da Williams, un’isola tutta da esplorare, epica, poesia e personaggi maiuscoli, le cui battute scavarono un solco indelebile nella mia anima. Ero innamorato di Jurassic Park, del primo Jurassic Park, che ancora oggi trovo irresistibile. Eppure negli anni il suo posto nel mio cuore gli è stato scippato: Star Wars, Indiana Jones, La Terra di Mezzo, Il Wizarding World, Lost, Pirati dei Caraibi, GoT e il MCU, ognuna di queste saghe ha contribuito all’estinzione dei dinosauri di Spielberg dal mio immaginario.
Non penso sia stata colpa mia, ma del modo miope con cui questa saga è stata portata avanti. La prima doccia fredda fu col secondo film: epico, sì, ma anche gelido e privo della benché minima poesia. Il terzo recuperava la poesia, e aveva cuore, ma a scapito dell’epicità, sembrava quasi una side-story. Quarto e quinto costituirono una ripartenza, ma rimanevano molto indecisi: c’era qualche traballante ambizione, sì, ma anche superficialità. I problemi di tutti questi sequel erano sempre gli stessi: film miopi, spesso pensati in modo one shot, come se fossero ripetizioni obbligate dello stesso schematico disaster movie, con gli attori storici che di volta in volta si riuscivano a rastrellare. Jurassic Park era stato spodestato dalla mia personale hall of fame perché non era mai stato una vera saga, ma un more of same disorganico e improvvisato.
Dominion è stato realizzato da persone che condividevano questo sentimento, perché cerca in ogni modo di cambiare questa cosa. I dinosauri ora sono liberi per il mondo, quindi non è più necessario ripetere lo schema del viaggio in un’isola su cui ad una certa va tutto storto: ci si può prendere tutto il tempo che si vuole per trovare cose da mostrare e raccontare, recuperando quel piglio visionario che aveva fatto la fortuna del primo film. Sfido io a non emozionarsi di fronte al profilo dei Triceratopi nella savana africana o alla mandria di Parasaurolofi al trotto sulle nevi. E poi è il capitolo delle contaminazioni: per la prima volta si cerca davvero di evadere dagli stilemi di genere aggiungendo venature spionistiche, divagazioni puramente narrative, dialoghi e approfondimenti sulla lore. Basti pensare che la catastrofe da sventare non riguarda nemmeno strettamente i dinosauri ma… la piaga delle locuste. Il tutto senza niente togliere alle scene d’azione, che ci sono, si concedono anche qualche tamarrata ma sempre mantenendo alta l’attenzione, con un ritmo e delle inquadrature ben riuscite.
Ma tutto questo precipita nell’insignificanza di fronte al vero grande centro del film, che è la reunion con il cast del film originale. Siamo oltre l’operazione nostalgia, siamo più dalle parti del risarcimento dovuto e con gli interessi. Prendere Ellie Sattler, Alan Grant e Ian Malcolm e integrarli armonicamente alla nuova generazione è il colpaccio che non pensavi riuscisse. E fa quasi rabbia ripensare a quanto questa riunione ci è stata fatta sudare, quando appare così ovvio, una volta che li rivedi in scena, quanto questi personaggi avessero ancora da dire. Dividerli, usarli uno alla volta, rompere i loro legami, metterli da parte, l’accanimento con cui la vecchia Hollywood ha fatto scempio della loro chimica fa quasi sorridere, se si pensa a come invece si fanno le cose oggigiorno. Ma questo è un film di redenzione e così non solo il terzetto ritorna, ma viene usato perfettamente, trattato con rispetto e reso complementare a Claire e Owen.
Dominion è il primo Jurassic dal 1993 ad esser stato costruito interamente intorno ai personaggi, ed è per questo che riesce a restituirci quel cuore che nel 1997 era stato portato via alla serie. Magari non piacerà a tutti, perché giunti a questo punto la disaffezione sarà alta e molti penseranno che è un po’ tardi per redimersi. Eppure come lettera di scuse funziona alla grande, e data la sua completezza per quel che mi riguarda costituisce il primo “vero” sequel del meraviglioso film di Spielberg.