n.d.g.: visto che non avete copincollato la cosa sul thread di Zio Paperone ho deciso di dedicare l'intero thread alle appendici della Saga. E' un peccato iniziarlo senza un sunto dei capitoli che ci sta come il cavolo a merenda, ma vabbè. La prossima volta però pensiamoci prima prima di aprire un thread per parlare di una singola storia, per cortesia.
Qual è l’oggetto al quale Paperone è più legato? Il suo denaro? La Numero 1? O forse la pepita Uova d’oca? Ed a proposito di questa, conoscendone la storia, e sapendo che Doretta Doremì ha cercato di sottrarla al suo legittimo proprietario, e che questi per punizione l’ha fatta lavorare per un mese nel suo giacimento del Fosso dell’Agonia Bianca… cosa è successo in quel mese?
A causa di queste domande rivolte dai suoi nipoti, Paperone inizia a ricordare: l’arrivo sul posto; la prima notte passata lei nella camera di lui, e lui nella legnaia; la prima giornata di lavoro, particolarmente movimentata… E mentre tutto questo accade, 5 uomini non proprio qualunque, ispirati da Soapy Slick che cerca una vendetta, partono per salvare Doretta dalla sua prigionia; ma lei, che all’inizio non cerca altro che un’occasione per rubare a Paperone la pepita e magari l’intero giacimento, con il passare del tempo ne conosce sempre meglio la personalità, e…
Storia romantica, avventurosa, divertente, anche maliziosa (c’è in particolare una vignetta che sono molto curioso di vedere come sarà tradotta in italiano…; a proposito, è la prima volta dai tempi della Saga che una storia di Don Rosa viene pubblicata prima negli USA che in Italia; meditate, gente, meditate…); una storia che, come ricorda lo stesso autore nell’articolo che la accompagna, è l’unica dei midquels della Saga nella quale i due interagiscono fra di loro, e che termina una trilogia di storie dedicate ai due personaggi, guarda caso i capitoli 8 (King of the Klondike), 8B (questo) ed 8C (Hearts of the Yukon), i cui titoli si riferiscono rispettivamente a Scrooge, a Goldie, e ad entrambi insieme.
Chiaramente la storia è donrosiana al 100 per cento: citazioni a Barks ed a sé stesso, scene di azione movimentate, disegni pieni di dettagli (ed a questo proposito, nonostante le anteprime già viste, il tratto è migliore rispetto al solito). In conclusione una bella storia, che fa la sua figura nell’ambito della Saga.
EDIT: Tolto lo spoiler, visto che ormai c'è ben poco da nascondere...
I Capitoli Extra della Saga di Don Rosa
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Ultima modifica di Alle il domenica 24 dicembre 2006, 16:31, modificato 1 volta in totale."Something not in the Guidebook? IMPOSSIBLE!"
"I never thought it would be happen in OUR lifetime!"
"... I feel faint ..."
HDL in D 2003-081
"Sei un mito, altro che misero kylioniano!" (Elikrotupos)
Questa storia merita un topic a parte
Grazie delle info, Alle, anche se avrei gradito qualche spoiler in più, ma in fondo mi fai un piacere, così me la godrò ancora di più in italiano...
Grazie delle info, Alle, anche se avrei gradito qualche spoiler in più, ma in fondo mi fai un piacere, così me la godrò ancora di più in italiano...
A presto,
Michele
Michele
Bè andando per esclusioni dovrebbe essere...Alle ha scritto: [spoiler]P.S.: no, non ve lo dico qual'è l'oggetto al quale Paperone è più legato...[/spoiler]
[spoiler] La ciocca di capelli di Doretta Doremì. [/spoiler]
C'ho azzeccato?
La notizia è di dominio pubblico, dunque è possibile comunicarla anche a quei due o tre che ancora non la sanno: la storia avrà la sua pubblicazione italiana sul prossimo numero di ZP, il 206 in uscita a dicembre.
Per quel che riguarda il come ho aperto il thread: se le reazioni sono queste, prometto che la prossima volta ci penserò molto, ma molto bene, prima di rendere partecipi i membri di questo forum di cose che ritengo interessanti per loro, indipendentemente da come vengono postate.
P.S.: Portamantello, ti devo una risposta da tempo immemore: si.
Per quel che riguarda il come ho aperto il thread: se le reazioni sono queste, prometto che la prossima volta ci penserò molto, ma molto bene, prima di rendere partecipi i membri di questo forum di cose che ritengo interessanti per loro, indipendentemente da come vengono postate.
P.S.: Portamantello, ti devo una risposta da tempo immemore: si.
"Something not in the Guidebook? IMPOSSIBLE!"
"I never thought it would be happen in OUR lifetime!"
"... I feel faint ..."
HDL in D 2003-081
"Sei un mito, altro che misero kylioniano!" (Elikrotupos)
"I never thought it would be happen in OUR lifetime!"
"... I feel faint ..."
HDL in D 2003-081
"Sei un mito, altro che misero kylioniano!" (Elikrotupos)
Aaaah, che soddisfazione!
Comunque, anche ser era decisamente prevdeibile, mi faccio un applauso...
Comunque, anche ser era decisamente prevdeibile, mi faccio un applauso...
Zio Paperone - La Prigioniera del Fosso dell'Agonia Bianca
Lo aspettavamo da troppo tempo e finalmente è giunto. Il capitolo 8 bis della saga che si va finalmente a interporre tra l'ottavo L'Argonauta del Fosso dell'Agonia Bianca e l'otto tris, Cuori nello Yukon. Ad esser proprio precisini si potrebbe inserire in questa cronologia su Doretta anche il lungo flashback presente nella Stella del Polo di Barks (tra l'8 e l'8 bis) e quello de L'Ultima Slitta per Dawson (tra l'8 tris e il 9). Ma filologismi sterili a parte, possiamo finalmente dire che con questa storia ogni lacuna è stata colmata, e dopo cinquant'anni in cui la storia tra Doretta e Paperone era stata sempre aggirata, abbiamo finalmente il tassello definitivo. E ora non c'è più altro da dire.
Anzi no, c'è da dire che il tassello è così definitivo da passare alla storia anche come la storia a fumetti Disney più spinta di sempre, visto che in più di un'occasione Don Rosa si lascia andare ad allusioni, sottintendimenti e battute equivoche. E se da un lato la cosa può esaltare il nostro lato più nerd, dall'altro è il segnale di come le cose vadano male laggiù in Egmont, casa editrice in cui un solo autore può fare quello che vuole, mentre gli altri vivono all'ombra di schiaccianti ereditità stilistiche, nonchè di regole astruse come "non si può utilizzare Pico de Paperis in nessuna storia", "non si può disegnare una storia col singhiozzo" o "non si può dire la parola GESSETTO".
Ma giusto o sbagliato, ormai questa storia è stata fatta e così come le altre si va ad aggiungere al vangelo degli appassionati. Per prima cosa mi sento di dire che appena aperto l'albo ho avuto una gradita sorpresa che mi ha ripagato del disgusto dell'aver dovuto cercare Zio Paperone per una settimana in ogni angolo di Padova. La gradita sorpresa son le chine. Dopo anni e anni che le storie di Don vanno peggiorando sotto l'aspetto grafico, appesantite da inchiostrature in perfetto stile superchicche, qui ci ritroviamo finalmente di fronte alla linea leggera della Saga, piacevole e non opprimente. Una scelta mirata o un casuale rinsavimento? Fattostà che questo ha contribuito ad aumentare il mio gradimento verso LaPrigioniera. Certo, il tratto di Don Rosa è invecchiato maluccio e lì proprio non c'è niente da fare, però con le chine leggere è tutta un'altra cosa. Ma cos'è un mio post su Don Rosa senza le consuete e necessarie critiche? Stavolta metto alla gogna l'inizio della storia. A parte che gradirei che Don si decidesse sul presentarci questi extra come flashback o ambientati direttamente al passato, ad ogni modo rimango dell'idea che alle prese con la Saga, Don sia nel suo elemento, si senta a suo agio e i risultati si vedono. Oltretutto dovendo per forza raccontare il passato di Paperone, Don si libera dell'esigenza di dover infilare la continuity in ogni balloon e la mette direttamente in primo piano, senza soffocamenti, snaturamenti o forzature eccessive. Il contrasto tra il Don ansioso e citazionoso e il narratore serafico e disteso si ha tutto nell'inizio, che partendo nel presente, è zeppo di citazioni, riferimenti, dialoghi poco spontanei tra Paperino e nipotini. Ma è un piccolo prezzo da pagare, che permette di avere il simpatico finale, e visto che è solo una cornice non me ne preoccuperei troppo. C'è da preoccuparsi un po' di più per le guest star che ormai Don inserisce appena può. Una ogni tanto può starci ma così è troppo, sembra di star guardando i Simpson, ci mancano solo i doppiaggi celebri. E oltretutto la sottotrama di Wyatt Earp e soci è ben poco interessante e noiosa, sembra ficcata lì tanto per dare alla storia un corpo, da adornare con le scaramucce tra i due piccioncini. Scaramucce adorabili, beninteso. Molto bello invece il finale che dopo il climax vede la famosa scena del congedo narrataci di Barks, piegata ad esigenze narrative che anzichè schiacciarla, una volta tanto, la valorizzano. In ultimis voglio spezzare una lancia in favore del Paperone supereroe che molti additano come eccessivo. A me piace, ci sta tutto e diverte pure. Non è certo questo che cambierei nelle storie di Don Rosa.
Concludo con una nota di demerito per la redazione che con un numero come questo si è permessa di trattare la storia come una schifezzuola senza dotarla di una bella introduzione.
Lo aspettavamo da troppo tempo e finalmente è giunto. Il capitolo 8 bis della saga che si va finalmente a interporre tra l'ottavo L'Argonauta del Fosso dell'Agonia Bianca e l'otto tris, Cuori nello Yukon. Ad esser proprio precisini si potrebbe inserire in questa cronologia su Doretta anche il lungo flashback presente nella Stella del Polo di Barks (tra l'8 e l'8 bis) e quello de L'Ultima Slitta per Dawson (tra l'8 tris e il 9). Ma filologismi sterili a parte, possiamo finalmente dire che con questa storia ogni lacuna è stata colmata, e dopo cinquant'anni in cui la storia tra Doretta e Paperone era stata sempre aggirata, abbiamo finalmente il tassello definitivo. E ora non c'è più altro da dire.
Anzi no, c'è da dire che il tassello è così definitivo da passare alla storia anche come la storia a fumetti Disney più spinta di sempre, visto che in più di un'occasione Don Rosa si lascia andare ad allusioni, sottintendimenti e battute equivoche. E se da un lato la cosa può esaltare il nostro lato più nerd, dall'altro è il segnale di come le cose vadano male laggiù in Egmont, casa editrice in cui un solo autore può fare quello che vuole, mentre gli altri vivono all'ombra di schiaccianti ereditità stilistiche, nonchè di regole astruse come "non si può utilizzare Pico de Paperis in nessuna storia", "non si può disegnare una storia col singhiozzo" o "non si può dire la parola GESSETTO".
Ma giusto o sbagliato, ormai questa storia è stata fatta e così come le altre si va ad aggiungere al vangelo degli appassionati. Per prima cosa mi sento di dire che appena aperto l'albo ho avuto una gradita sorpresa che mi ha ripagato del disgusto dell'aver dovuto cercare Zio Paperone per una settimana in ogni angolo di Padova. La gradita sorpresa son le chine. Dopo anni e anni che le storie di Don vanno peggiorando sotto l'aspetto grafico, appesantite da inchiostrature in perfetto stile superchicche, qui ci ritroviamo finalmente di fronte alla linea leggera della Saga, piacevole e non opprimente. Una scelta mirata o un casuale rinsavimento? Fattostà che questo ha contribuito ad aumentare il mio gradimento verso LaPrigioniera. Certo, il tratto di Don Rosa è invecchiato maluccio e lì proprio non c'è niente da fare, però con le chine leggere è tutta un'altra cosa. Ma cos'è un mio post su Don Rosa senza le consuete e necessarie critiche? Stavolta metto alla gogna l'inizio della storia. A parte che gradirei che Don si decidesse sul presentarci questi extra come flashback o ambientati direttamente al passato, ad ogni modo rimango dell'idea che alle prese con la Saga, Don sia nel suo elemento, si senta a suo agio e i risultati si vedono. Oltretutto dovendo per forza raccontare il passato di Paperone, Don si libera dell'esigenza di dover infilare la continuity in ogni balloon e la mette direttamente in primo piano, senza soffocamenti, snaturamenti o forzature eccessive. Il contrasto tra il Don ansioso e citazionoso e il narratore serafico e disteso si ha tutto nell'inizio, che partendo nel presente, è zeppo di citazioni, riferimenti, dialoghi poco spontanei tra Paperino e nipotini. Ma è un piccolo prezzo da pagare, che permette di avere il simpatico finale, e visto che è solo una cornice non me ne preoccuperei troppo. C'è da preoccuparsi un po' di più per le guest star che ormai Don inserisce appena può. Una ogni tanto può starci ma così è troppo, sembra di star guardando i Simpson, ci mancano solo i doppiaggi celebri. E oltretutto la sottotrama di Wyatt Earp e soci è ben poco interessante e noiosa, sembra ficcata lì tanto per dare alla storia un corpo, da adornare con le scaramucce tra i due piccioncini. Scaramucce adorabili, beninteso. Molto bello invece il finale che dopo il climax vede la famosa scena del congedo narrataci di Barks, piegata ad esigenze narrative che anzichè schiacciarla, una volta tanto, la valorizzano. In ultimis voglio spezzare una lancia in favore del Paperone supereroe che molti additano come eccessivo. A me piace, ci sta tutto e diverte pure. Non è certo questo che cambierei nelle storie di Don Rosa.
Concludo con una nota di demerito per la redazione che con un numero come questo si è permessa di trattare la storia come una schifezzuola senza dotarla di una bella introduzione.
Poco da aggiungere a quanto ha già detto Grrodon, su quest'ultima storia di Don Rosa: se non che il mio giudizio è leggermente più negativo. A parte le questioni riguardanti il tratto del disegno, che, chine leggere o no, è sempre più faticoso e semplificato, trovo che questo tentativo di esplicitare il "non detto" barksiano sia sostanzialmente malriuscito.
Don Rosa si autoproclama interprete attento e custode dell'arte di Barks: ma, nonostante questo, trova orgogliosamente giusto ricostruire un "fuori campo" di una storia fondamentale, come se l'autore dell'opera originale avesse commesso in quell'occasione un'operazione gratuita, violando senza particolari motivi il presunto diritto del lettore a sapere "tutto e subito".
Eppure, nel fumetto come nel cinema, ciò che non si dice ha la medesima importanza di ciò che viene esplicitato, specialmente nel caso di autori dotati di poetica e talento riconosciuti. E' come nella musica: suono e silenzio, sui piatti di una metaforica bilancia, hanno esattamente le stesso peso. Se Don Rosa fosse stato un musicista, probabilmente avrebbe trovato giusto infilare suoni di suo gusto in tutte le pause delle sinfonie, che so, di Beethoven.
Farà pure piacere ai fan, sapere cosa è accaduto in quelle "vignette perdute". Ma almeno lo si fosse fatto con uno stile appropriato, con sobrietà, con un minimo di equilibrio. Almeno con la disposizione narrativa già mostrata da Rosa in "Cuori dello Yukon". Invece si indulge in pletoricità, iperboli enfatiche, ed un racconto del sentimento di noioso schematismo e prevedibilità, in cui ad ogni scena di opposizione esteriore Doretta/Paperone corrispondono poi gli ingenui ripensamenti che i personaggi hanno in privato.
Ho sostenuto, in passato, che il termine per me più appropriato con cui definire Don Rosa è "ridondante". Nel disegno, nel modo di raccontare, nei temi trattati: ecco, questa storia è forse uno dei migliori "manifesti" della ridondanza rosiana.
Nonché della sua presunzione come autore: le inserzioni di imitazioni barksiane tra le vignette della storia fanno infatti sospettare vanitose implicazioni, considerando anche le manie cronologiche dell'autore. Molto semplicemente: "La Stella del Polo" dovrebbe essere una storia da collocare, idealmente, molto dopo "La prigioniera". In quest'ottica sarebbero allora i disegni di Barks a riprendere parti salienti del fumetto di Don Rosa, in cui si racconta "la storia completa". Conclusione: Don Rosa sembra citare con rispetto Barks, e nello stesso tempo, consciamente o no, fa in modo che Barks citi postumamente Don Rosa! E allora, a livello concettuale, chi imita lo stile di chi? Don Rosa imita Barks, o viceversa? La risposta è solo in apparenza scontata.
Don Rosa si definisce amante della classicità hollywoodiana, citando spesso Welles o capisaldi della fantascienza anni '50. Eppure il suo linguaggio narrativo non ha niente a che vedere con quello di tali riferimenti illustri, dove il "non detto" e il "fuori campo" erano spesso più preziosi e suggestivi dell'esibizione plateale e della puntualizzazione a tutti i costi. Il mondo di Don Rosa appare invece paradossalmente molto più vicino a quello del peggiore "cinema delle attrazioni" postmoderno, dove si ritiene che lo spettatore sia sostanzialmente incapace di pensare, e che dunque tutto gli debba essere mostrato e pedantemente spiegato.
Don Rosa si autoproclama interprete attento e custode dell'arte di Barks: ma, nonostante questo, trova orgogliosamente giusto ricostruire un "fuori campo" di una storia fondamentale, come se l'autore dell'opera originale avesse commesso in quell'occasione un'operazione gratuita, violando senza particolari motivi il presunto diritto del lettore a sapere "tutto e subito".
Eppure, nel fumetto come nel cinema, ciò che non si dice ha la medesima importanza di ciò che viene esplicitato, specialmente nel caso di autori dotati di poetica e talento riconosciuti. E' come nella musica: suono e silenzio, sui piatti di una metaforica bilancia, hanno esattamente le stesso peso. Se Don Rosa fosse stato un musicista, probabilmente avrebbe trovato giusto infilare suoni di suo gusto in tutte le pause delle sinfonie, che so, di Beethoven.
Farà pure piacere ai fan, sapere cosa è accaduto in quelle "vignette perdute". Ma almeno lo si fosse fatto con uno stile appropriato, con sobrietà, con un minimo di equilibrio. Almeno con la disposizione narrativa già mostrata da Rosa in "Cuori dello Yukon". Invece si indulge in pletoricità, iperboli enfatiche, ed un racconto del sentimento di noioso schematismo e prevedibilità, in cui ad ogni scena di opposizione esteriore Doretta/Paperone corrispondono poi gli ingenui ripensamenti che i personaggi hanno in privato.
Ho sostenuto, in passato, che il termine per me più appropriato con cui definire Don Rosa è "ridondante". Nel disegno, nel modo di raccontare, nei temi trattati: ecco, questa storia è forse uno dei migliori "manifesti" della ridondanza rosiana.
Nonché della sua presunzione come autore: le inserzioni di imitazioni barksiane tra le vignette della storia fanno infatti sospettare vanitose implicazioni, considerando anche le manie cronologiche dell'autore. Molto semplicemente: "La Stella del Polo" dovrebbe essere una storia da collocare, idealmente, molto dopo "La prigioniera". In quest'ottica sarebbero allora i disegni di Barks a riprendere parti salienti del fumetto di Don Rosa, in cui si racconta "la storia completa". Conclusione: Don Rosa sembra citare con rispetto Barks, e nello stesso tempo, consciamente o no, fa in modo che Barks citi postumamente Don Rosa! E allora, a livello concettuale, chi imita lo stile di chi? Don Rosa imita Barks, o viceversa? La risposta è solo in apparenza scontata.
Don Rosa si definisce amante della classicità hollywoodiana, citando spesso Welles o capisaldi della fantascienza anni '50. Eppure il suo linguaggio narrativo non ha niente a che vedere con quello di tali riferimenti illustri, dove il "non detto" e il "fuori campo" erano spesso più preziosi e suggestivi dell'esibizione plateale e della puntualizzazione a tutti i costi. Il mondo di Don Rosa appare invece paradossalmente molto più vicino a quello del peggiore "cinema delle attrazioni" postmoderno, dove si ritiene che lo spettatore sia sostanzialmente incapace di pensare, e che dunque tutto gli debba essere mostrato e pedantemente spiegato.
Ultima modifica di Rebo il domenica 24 dicembre 2006, 12:23, modificato 2 volte in totale.
Concordicchio. Concordo perchè bene o male sappiamo com'è Don Rosa, ma allo tempo trovo che queste osservazioni andrebbero mosse verso tutto il "progetto Don Rosa". Don Rosa E' pesante, ridondante, a tratti infantile, ma lo è nel complesso, e non credo che sia questa storia in particolare a soffrire di ciò. Forse dimentichi la pesanteza barocca di tante sue ultime storie, mentre con questa è stato fatto un passo indietro. Non così indietro da eliminare in toto i difetti Donrosiani, ma visto che quei difetti costituiscono la base di partenza, direi che tanto vale tenerne conto e muovere le proprie osservazioni all'interno di questi "limiti". Sennò dovremmo condannare in toto anche la Saga, e mi dispiacerebbe molto.
Hai ragione, quando dici che le mie osservazioni varrebbero per tutto Don Rosa, e che questa storia andrebbe valutata al di là dei cliché dell'autore. Il problema è che questa storia mi sembra più "inutile" di altre, perché va ad incrinare gratuitamente un singolo momento "poetico". Potrà anche essere meno barocca di altre, ma per me parte da un presupposto molto più discutibile.
La Saga ha un modo di porsi leggermente diverso. E' più puramente rosiana, pur nell'ossessione del confronto con Barks. Ma si può leggere come un commentario, con alti e bassi, alla totalità (o almeno ad una parte fondamentale) dell'opera di un autore ammirato.
Questa è invece una puntualizzazione orgogliosa su un singolo momento artistico. Su un "non detto" isolato e prezioso.
La Saga ha un modo di porsi leggermente diverso. E' più puramente rosiana, pur nell'ossessione del confronto con Barks. Ma si può leggere come un commentario, con alti e bassi, alla totalità (o almeno ad una parte fondamentale) dell'opera di un autore ammirato.
Questa è invece una puntualizzazione orgogliosa su un singolo momento artistico. Su un "non detto" isolato e prezioso.
Evito di replicare a Rebo perchè difficilmente uno dei due cambierebbe idea sull'argomento
(Le regole che citi, al di là di Pico, sono inventate, vero? )
Ma è vero che li ha inseriti per allungare il brodo, senza che ai miei occhi sia risultato forzato.
Buon Natale a tutti, anche se è OT.
E' un paradosso incomprensibile, in effetti. Io farei uno sciopero, al posto degli artisti affermati della Egmont.Grrodon ha scritto: è il segnale di come le cose vadano male laggiù in Egmont, casa editrice in cui un solo autore può fare quello che vuole, mentre gli altri vivono all'ombra di schiaccianti ereditità stilistiche
(Le regole che citi, al di là di Pico, sono inventate, vero? )
Concordo! Il mio segreto sogno nerdico è avere un'edizione "author's cut" della Saga, senza le cornici narrative...gradirei che Don si decidesse sul presentarci questi extra come flashback o ambientati direttamente al passato
Capisco quello che vuoi dire, ma in questo caso sono personaggi non particolarmente noti al pubblico non-americano.C'è da preoccuparsi un po' di più per le guest star che ormai Don inserisce appena può.
A me il trio ha divertito un sacco, il giudice è tra i miei comprimari preferiti di sempre! Anche grazie al suo "intervento finale"...la sottotrama di Wyatt Earp e soci è ben poco interessante e noiosa, sembra ficcata lì tanto per dare alla storia un corpo, da adornare con le scaramucce tra i due piccioncini
Ma è vero che li ha inseriti per allungare il brodo, senza che ai miei occhi sia risultato forzato.
Mi accodo. Se Paperone è diventato l'uomo più ricco di tutti i tempi, deve pur avere un talento straordinario nel guadagnare e nel difendere il proprio patrimoniovoglio spezzare una lancia in favore del Paperone supereroe che molti additano come eccessivo
Buon Natale a tutti, anche se è OT.
A presto,
Michele
Michele
Non saprei davvero cosa rispondere, se non con un bel de gustibus, non condivido le critiche a Don che mi sembrano stiracchiate e forzate.
Evito come Michi di rispondere alle critiche, sensato è infatti il messaggios econdo il quale, potremmo andare avanti per sempre, ma nessuno cambierebbe idea, soprattutto su donrosismo,cosa in cui o si è estremisti da una parte o lo si è dall'altra.
Vostro
Em@[/list]
Evito come Michi di rispondere alle critiche, sensato è infatti il messaggios econdo il quale, potremmo andare avanti per sempre, ma nessuno cambierebbe idea, soprattutto su donrosismo,cosa in cui o si è estremisti da una parte o lo si è dall'altra.
Vostro
Em@[/list]
Tuttavia, per quanto inflessibili possano essere (o essere ritenute) queste posizioni, penso che sia comunque interessante spiegare il perché delle proprie idee... Personalmente non sono un massimalista, e ritengo che anche opinioni di segno opposto alle mie possano contribuire a definire meglio la conoscenza in un determinato ambito.Donocchio ha scritto:Non saprei davvero cosa rispondere, se non con un bel de gustibus, non condivido le critiche a Don che mi sembrano stiracchiate e forzate.
Evito come Michi di rispondere alle critiche, sensato è infatti il messaggios econdo il quale, potremmo andare avanti per sempre, ma nessuno cambierebbe idea, soprattutto su donrosismo,cosa in cui o si è estremisti da una parte o lo si è dall'altra.
E per provarlo, in questo caso specifico, posso dire di essere stato anch'io (dal 1995 al 2001 circa) un rosiano profondamente convinto. Poi il mio pensiero è cambiato.