Pk 25

I primi (?) venticinque anni di Pk sono stati festeggiati. E bene, oserei dire. Il che ovviamente non significa né che Pk sia un fumetto in buona salute, né che ci siano prospettive particolarmente rosee per il futuro, ma se la vita va vissuta un giorno alla volta il mese che si è appena concluso lo si può considerare un bel passo nella direzione giusta. 


Tutte le iniziative messe in piedi da Bertani e redazione nel corso di questa lunga celebrazione hanno avuto uno e un unico scopo, quello di correggere errori, imprecisioni e storture avvenute nella più recenti incarnazioni editoriali di Pk. Ripeto, che un festeggiamento consista nel fixaggio di cose che non andavano non ci fornisce certo il ritratto di una situazione particolarmente allegra, ma i problemi non si risolvono se non affrontandoli e la gestione Bertani ha dimostrato di volerli affrontare uno per uno. Inoltre da un punto di vista puramente “politico” la cosa crea un precedente piuttosto interessante. Quindi vediamoli nel dettaglio.

le due anime di PKNE a confronto


Il Cofanetto. Potrà sembrare poca cosa l’uscita di una scatola di cartone vuota in cui inserire i volumi che compongono PKNE ma questa mossa si porta dietro un sostrato comunicativo mica male. Punto primo PKNE era un fumetto che nemmeno sapeva di chiamarsi PKNE, dato che il nome era stato timidamente usato in un redazionale e poi adottato in via quasi ufficiosa dalla community dei Pker. Prima c’era confusione, ora c’è un nome, un titolo, e la serie ha una sorta di “identità” sua. Viene detto chiaramente quali storie ne fanno ufficialmente parte e le si presenta al mondo finalmente come un corpus unico. Un altro problema della saga era lo scollamento e la divisione in due filoni non ben collegati: il team Artibani/Pastrovicchio e Sisti/Sciarrone procedeva ognuno per conto proprio. Nella litografia e nelle illustrazioni a corredo dello scatolone invece è tutto artisticamente amalgamato e il risultato della collaborazione Pastrovicchio/Sciarrone è davvero ottimo. Se questo cofanetto PKNE rimanga un unicum, se si deciderà di farne un secondo includendo sotto questo marchio anche la run di Gagnor è presto per dirlo, però si sta procedendo in una direzione chiara, ordinata e in grado di valorizzare l’opera.

Ebbene sì, Camera 9 ha la faccia di Zerocalcare


PkTube. In occasione del ventennale, cinque anni fa, erano uscite queste sei storielline firmate da Sisti e Lavoradori sul Topo che facevano luce su diversi aspetti oscuri della saga. Storielline mai più ristampate in volume. Le motivazioni non sono mai state chiare, e risposte come “è perché non vi piacevano” date alle fiere non dimostravano grande attendibilità. Ora il volume c’è, è nel formato delle Deluxe, anche se non ufficialmente parte del cofanetto PKNE (e in effetti si tratta di una miniserie che attraversa più fasi della saga, si potrebbe dire). La sua uscita colma un vuoto e rende ancora più assurdo pensare che fino ad oggi si volesse investire su PK ignorando completamente l’esistenza di una serie che svelava cose su cui ci si interrogava dal 1996 (tipo il vero volto di Camera 9). Bene che si sia rimediato in questa occasione.

oddio, la continuity, paurissima


Una Leggendaria Notte Qualunque. Inoltre, a sorpresa, una storia sul Topo. Sempre di Sisti, stavolta con Pastrovicchio. Una storia celebrativa che però porta avanti la mitologia di Pk in modo organico, ponendosi sia come effettivo “epilogo” di PKNE sia come anello di congiunzione con Ritratto dell’Eroe da Giovane. Interessante anche che questo provvisorio (?) ritorno sul Topo tradisca la necessità di lavorare su due fronti e getti dunque interrogativi sul futuro editoriale della saga. Una storia concitata e frenetica, che corre di qua e di là lasciando spiazzato il lettore pagina dopo pagina. La compressione a 30 tavole un po’ si sente e di certo un maggior respiro avrebbe giovato. Ma al di là di tutto la cosa più importante è che quando arrivi alla fine ti lascia il ghigno stampato sulla faccia. Lo stesso ghigno che probabilmente Sisti aveva mentre la scriveva. Ecco, Sisti dimostra di essere un autore abilissimo nel trovare la quadra, usando un linguaggio in grado di suonare bene a più livelli, sia come storia di Topolino che come nuova storia di Pk.

i personaggi parlano, succedono le cose e si capiscono pure


I Giorni di Evron. Infine, ecco il fulcro di tutto, il prodotto di punta. O che avrebbe dovuto in teoria esserlo. Quello che è successo in passato con i tre numeri che precedono questo volume è storia nota e non serve rivangarla. Vedere Sisti intervenire all’interno di un percorso già tracciato, salvandone elementi alla meno peggio e cercando di riportare in carreggiata il tono e la fruibilità di questa sfortunata operazione editoriale è commovente. Perché difatto ci riesce. Certo, al lettore è richiesto un saltino della fede che gli possa far chiudere un occhio su incongruenze e problemi vari. Ma una volta riparato il patto narrativo con un po’ di scotch si riottiene il feel pikappico che fin qui era mancato. E’ un Sisti nella stessa vena creativa di “Una Leggendaria Notte Qualunque”: uno sceneggiatore che ritrova il sandbox nel quale giocava due decenni prima. E lo sfrutta quanto possibile, divertendosi un casino. E’ anche uno sceneggiatore a cui avrebbero fatto comodo una manciata di tavole in più e un’impalcatura narrativa meno fallata su cui costruire, ma ok, si fa quel che si può. Poi c’è Pastro che arriva e dice la sua. E la sua tesi grafica è molto semplice: dinamismo, modernità, ma soprattutto anima, recitazione, espressività, CHIAREZZA. Se mancano queste cose non ha senso partire alla ricerca dell’effetto grafico più sborone, edgy, stilizzato: il lettore non ha bisogno di stare a vedere quanto l’artista è bravo a scardinare regole, canoni e via dicendo. Ha bisogno di capire quello che succede, connettersi emotivamente ai personaggi. Seguire la vicenda e divertirsi moltissimo. Non ho mai creduto troppo nell’arte autistica, a uso e consumo esclusivo dell’artista.Tifo per un altro tipo di arte, quella che esprime, comunica e nel far questo crea un ponte tra chi ha qualcosa da dire e chi ha voglia di ascoltare. Poi il lettore deve fare il suo pezzettino di cammino, eh, per raggiungere l’artista. Ma idealmente è bene che i due si incontrino a metà strada.


Un bell’anniversario, quindi, in cui sono state comprese cose, e corretti errori. E ovviamente dopo tutto questo nessuno è davvero contento di sapere che il nuovo corso di Pk tornerà per altri due numeri (quelli conclusivi) nelle mani del precedente showrunner. La coerenza di dare l’opportunità di chiudere il racconto a chi l’ha iniziato è però a sua volta una forma di correttezza e maturità, e sotto quest’ottica aspettare il prossimo Obsidian sarà più accettabile. Detto questo, si spera che i prossimi 25 anni di Pk, se proprio proprio devono esserci, risultino un po’ meno affannosi per chi avrà ancora il desiderio di restare a bordo. Perché seguire una serie a fumetti dovrebbe essere una cosa bella e non può e non deve trasformarsi in un’esperienza punitiva.


Auguri, anatra.