Il Finale di Star Wars

Parlare di Star Wars al giorno d’oggi, col pregresso che c’è stato, in un tossicissimo web popolato da un tossicissimo fandom non è facile. Io poi sono emotivamente molto coinvolto, dato il legame che ho con la Saga che seguo nelle sue molteplici incarnazioni.


Assumendo una prospettiva “sobria” il giudizio su questo Episodio IX è sicuramente positivo. Film pieno di roba, invenzioni visive, sequenze a effetto, colpi di scena, personaggi carismatici, citazioni e umorismo. Non perfetto, eh! La prima metà soffre palesemente di troppismo, con i personaggi sballottati da una meta all’altra. Ma la si può vedere come una caccia al tesoro stellare, una declinazione galattica di Indiana Jones, l’altro grande cavallo di battaglia della Lucasfilm. E quindi perdonare, soprattutto alla luce del bendiddio che arriva dopo.


Il cambio di mano però si sente, eh. Premetto che non ho amato l’Ep 7 di JJ che ho trovato un film decisamente superficiale, mentre sono tra i fan più sfegatati dell’ottavo di Rian Johnson, una pellicola intelligente, coraggiosa e di rara eleganza. Qui si torna a JJ. Un JJ più impedito del predecessore, ma anche un JJ più umile, che per la prima volta si trova nella situazione di doverla chiudere una storia invece di lanciare spunti fini a sé stessi. Una situazione che penso possa aver fatto solo bene ad Abrams (e meno bene alla Lucasfilm).


Perché la storia JJ la chiude bene, molto bene. La storia della sequel trilogy, almeno. Una storia di tentazioni, redenzioni e di ricerca di una propria appartenenza. Ma, a dispetto di quanto promesso nelle mille interviste, non sono mica tanto sicuro che sia riuscito a chiudere bene la Skywalker Saga, a trovare quindi il filo conduttore in grado di trasformare l’esalogia di Lucas in una saga di nove film. Apprezzo il ritorno di Palpatine, apprezzo che stavolta JJ non abbia avuto paura di usare frasi e terminologia dei prequel, apprezzo i camei vocali di alcuni personaggi “tabù”. Apprezzo molte cose, ma non è abbastanza. La fifa blu di entrare davvero in ambito prequel, di riprendere in mano davvero la mitologia della Forza, la storia dei Sith, di spiegare l’assetto politico della galassia io l’ho vista ancora. Per quanto possa sforzarsi, JJ Abrams continua a dare l’idea di aver amato e capito Star Wars solo superficialmente, solo per nostalgia, solo in parte quindi.


E da persona che crede nel worldbuilding, che ha apprezzato il lavoro di Pablo Hidalgo, Dave Filoni, James Luceno e chiaramente George Lucas nel costruire una saga credibile e precisa, non riesco a non assumere anche un’altra prospettiva. Quella di chi Star Wars se l’è goduto, studiato, amato e esplorato con un certo grado di approfondimento. E quindi a non vederci un’occasione persa. Perché alla fine della visione io il piano di Palpatine non l’ho capito. Non ho capito se era vivo, morto, cosa gli fosse accaduto dopo Endor, cosa avesse imbastito in questi trent’anni, come andasse incastrato il Primo Ordine con la sua nuova flotta Sith. Non ho capito come vada inteso il titolo. E non ho capito come vada inteso Star Wars, ora che non è più l’Esalogia di Anakin ma una serie di nove film. L’equilibrio della Forza, la profezia del Prescelto, la vita e la morte, i Sith e le loro pratiche, tutti questi spunti potevano offrire davvero ottimo materiale su cui impostare i nove film della Skywalker Saga. Magari questo avverrà in futuro, sui romanzi, sui fumetti, nelle serie tv. Non ne dubito. O magari tutto questo è successo già stasera, solo che a una prima visione non me ne sono accorto. In ogni caso avrei preferito che una buona volta JJ prendesse il toro per le corna e affrontasse un po’ di concetti, anche a costo di lasciarsi andare a spiegoni. Che non c’è nulla di male a farli, come dimostra il Watchmen del suo ex collega Lindelof, che sul concetto di spiegone estetico costruisce buona parte della sua durata.


Si vocifera che in futuro Kevin Feige voglia dire la sua sul franchise. Uno con le palle Feige. Che ha inseguito la sua visione del MCU mantenendo la rotta anche durante la burrasca. Che è quello che faceva anche Lucas. Questi film sono cose grosse, progetti complessi e non ha senso star troppo a distribuire colpe. Eppure se una colpa c’è, è quella di non aver creduto abbastanza nelle proprie idee. Colpa condivisa dalla Disney Company, dalla stessa Lucasfilm e da Abrams. Magari avessero avuto il coraggio di decidere in primis cosa fare del franchise, senza farsi spaventare strada facendo dagli hater dei prequel, dagli hater di The Last Jedi, dagli hater di Solo. Senza farsi spaventare dal prodotto pazzesco (e a tratti ostico) che George Lucas aveva messo loro in mano. Magari in futuro le cose andranno meglio, per adesso gioiamo del buono che abbiamo avuto. E se qualcuno ha voglia di continuare il gioco delle interpretazioni, del rattoppo e delle ipotesi si accomodi pure, che di roba di cui discutere ne è stata data tanta.