Oggi, 4 maggio, è assolutamente evidente come l’animazione targata Star Wars sia giunta a un bivio.
Mercoledì scorso si è concluso The Bad Batch, con la terza e ultima stagione, e il silenzio assordante del web ci ha fatto ben capire con quanto onore. Non che sia mai davvero successo nulla di diverso con le serie precedenti. Per quanto importanti, fondamentali per la lore, i vari The Clone Wars o Rebels sono sempre stati su ben altro scaffale, se si parla di fruizione e penetrazione culturale. Si tratta infatti di serie fin troppo lunghe, composte da stagioni da decine di episodi, nei quali la sugna narrativa, quando presente, è sempre diluita in un’infinità di avventurine action assolutamente non digeribili dallo stesso grande pubblico a cui puntano i film. Le serie animate, checché ne abbiano sempre detto George e Dave, sono sempre state in qualche modo figlie del compromesso, del cercare di contrabbandare mitologia seria all’interno di opere piegate alle logiche degli show per ragazzi di vent’anni fa.
Si sperava che The Bad Batch, complice le strategie non esattamente televisive della piattaforma, potesse sottrarsi a tutto questo, ma l’illusione è durata poco. Sin da subito è parsa loffia, con personaggi stereotipati e poco altro. Al netto di qualche interessante cameo, specie all’inizio, ci si è ritrovati a seguire un manipolo di soldatini in armatura attraverso una serie ininterrotta di missioni poco interessanti e caratterizzate da una direzione artistica quasi sadica, che sarebbe generoso definire monocromatica. E si è andati persino in calando, probabilmente a causa di tagli al budget e al generale disinteresse creativo intorno al progetto. Giunti al finale, risulta chiaro come col passare del tempo sia stata la serie stessa a volersi ridimensionare, decidendo di tenere un profilo basso, bassissimo per raccontare una storiellina che molto probabilmente non è che un’ombra di ciò che si erano immaginati di poter narrare. Quel che ne è uscito è… onesto, ma di certo non interessante. E per quel che mi riguarda, decisamente molesto sul piano visivo. Non sono certo di aver colto quanto accadeva a schermo nella maggior parte dei casi, e dubito di avere le energie per concedermi un ripasso. Rivedere in loop dei plastichini che si infiltrano in una serie di hangar bui e rugginosi non è esattamente il mio ideale di spettacolo.
Altro discorso per Tales of the Jedi e per l’odierno Tales of Empire. Bellissimi. Due antologie che raccontano il percorso di quattro personaggi attraverso un limitato numero di episodi di durata variabile. Il livello è alto: grande regia, grande drammaticità, toni epici e la capacità di capire cosa davvero possa essere interessante nella lore di SW e raccontare quello, senza allungamenti di brodo, compromessi e pesantezza assortita. Il risultato è Star Wars al suo meglio, un affresco mitologico ricco, contenuti intriganti e personaggi di spessore. Se questo dovesse essere il futuro dell’animazione SW ci metterei la firma: antologie mirate, fruibili agevolmente e con soltanto la sugna in bella vista. I tempi delle serie di compromesso direi che sono finiti da decenni, e un’altra esperienza come TBB dubito possa essere sostenibile a prescindere da quanto larghe siano le spalle del franchise.