
Avevo perso la fede. Ora l'ho ritrovata.
Negli ultimi due numeri ratmaniani ci sono stati colpi di scena (Krik e ) e spiegazioni. La retcon è stata ben circoscritta alla Minaccia Verde, peraltro con un senso, e in generale l'epicità è cresciuta, e con essa anche il dispiegamento di mezzi: Leo sta ingrossando il suo cast, puntando verso un finale deflagrante.
La carne al fuoco è tanta, davvero tanta: Krik, Aima, Thea, Brakko, Cinzia, Angelini, T, Jordan, Kalissa, Valker, Tamara sono tutti coinvolti e bisognerà vedere come Leo ha intenzione di sbrogliare la matassa di fili che rappresenta i loro destini.
Un unico dubbio mi è rimasto: Ik. Ho apprezzato il riferimento, la retcon, la poesia, ma ancora non mi risulta che sia stata realmente spiegata la sua "fisicità" nella storia che portava il suo nome. Urgono chiarimenti ulteriori, ma stavolta sarò prono nel recepirli perché mi si è rinnovata la fiducia.
Rimane però il fatto che tutto questo dà da pensare. Rat-Man e la complessa continuity di Leo ha messo a dura prova tutti, anche i fedelissimi. E ora che stiamo nuovamente riemergendo verso la luce, viene da chiedersi quanto questa discrepanza di prospettiva tra un autore visionario (e un po' volubile, diciamolo) e un pubblico confuso (e un po' pigro, diciamolo) sia un fatto positivo.
Quanto dev'essere l'autore a portare l'opera al pubblico e quanto dev'essere il fruitore a cercare di raggiungere l'autore salendo a bordo dell'opera? E' più giusto per il pubblico trovare la pappa pronta, scaricando sull'autore le colpe di una fruizione faticosa, o ha senso sostenere che l'arte vada assimilata con un po' impegno anche da parte del destinatario? A chi spetta cosa? E in che misura? Come questo si applica a Rat-Man?
Posto che - a mio avviso - l'ideale sarebbe che autore e lettore si incontrassero esattamente a metà strada, vi pongo il quesito.
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