[Zerocalcare] Quando Muori Resta a Me

Riemerso dalla lettura di Quando Muori Resta a Me, posso affermare che l’ultimo tomo calcareo è un po’ il gemello di Dimentica il Mio Nome. Dico un po’, perché chiaramente è un’opera diversa, e anche parecchio. Ma è a tutti gli effetti il secondo atto di una bilogia genealogica: scava nel passato del ceppo paterno e porta simmetria al corpus tutto.

E’ un libro grosso, e dannatamente ben costruito. Certo, chi ha già un po’ di esperienza con la sua opera si accorgerà di come segua una ben codificata ricetta, montando insieme i diversi strati, piani narrativi e metaforici, così da creare la percezione di una narrazione compiuta e compatta. In questo caso specifico si rimane colpiti dal senso di completezza, sembra proprio che non manchi nulla. Nelle trecento pagine del volume è riuscito a infilarci: la storia personale del suo rapporto col padre, un’indagine sugli antenati, la cronaca di un viaggio in montagna, una pennellata mistery e una sfumatura politica, un subplot paranormale, un climax di pura azione fornito gentilmente dal reparto metafore e ovviamente la consueta pippa ansiogena generazionale, da decenni killer application della sua poetica. Quest’ultima fa un po’ il punto sulla situazione amici, e tiene conto della svolta Netflix, di cui integra bene il materiale umoristico. Insomma, c’è una croce in ogni casellina, e il risultato è sempre ispirato e spontaneo, non suona mai farlocco o meccanico.

Qua e là ci sono pure alcune riuscite fughe dalla sua artistica zona di comfort. Le scene di paranoia spettrale che avvengono di notte nella casa di famiglia mostrano un certo grado di sperimentazione formale, con tanto di testo disposto in cerchio intorno a letto come a simulare visivamente il pensiero circolare. Nei flashback di inizio secolo ambientati in Veneto, poi, Calcare è del tutto assente: c’è una rilevante variazione di stile, di cast, e… di linguaggio, che è forse la cosa più anomala se ci si pensa. Si tratta forse del suo libro di maggior atmosfera: se in precedenza ci aveva calati nel suo ecosistema metropolitano, o negli scenari un po’ brulli dei suoi reportage, qui con il paesino montano un po’ sinistro e spettrale (ma suggestivo) si avverte quel qualcosa in più. Si tocca una corda… più estetica del solito.

E poi vabbè, parlando a titolo personale con me sto libro gioca facile. La scena di p. 32 l’ho vissuta identica, a genitori invertiti. Calcio, veline e disgusto da centri estivi pure. E ci aggiungo che sono pure veneto, per cui due terzi di libro mi è stato familiare. Giusto di Emiglio ho un ricordo opposto: ricordo che lo volevo, ma mi arrivò il Super Nintendo. Anni dopo ne trovai uno vicino a un cassonetto e me lo portai a casa per rivalsa, ma tempo pochi giorni e mi resi conto di quanto bene mi fosse andata a suo tempo.

Infine, uno dei miei film preferiti di sempre è In Viaggio con Pippo e questo libro me l’ha ricordato. Un regalo più bello di questo non me lo si poteva fare.