Illuminando Nintendo

Non mi fidavo della Illumination, ovviamente. Ma posso capire come mai Nintendo l’abbia scelta: non una voce autorialmente “forte” con cui può essere complesso lavorare, ma una maestranza sufficientemente neutra a cui imporre il proprio set di regole, e in grado di conoscere quel paio di trucchi per adattare Mario al mondo dell’animazione occidentale, facendone un prodotto al passo coi tempi. Nel film questo si sente qua e là, e può fare strano: qualche cosino buffo che si comporta da sagace spalla comica, una principessa tosta, i villain buffacchioni, un cast vocale di grandi vip, una narrazione lineare e collaudata con tutti i suoi bravi cliché. Insomma il tipico cartone animato “concorrenziale”, che funziona sì ma senza strafare. Non che si tratti di una grande snaturazione, dopotutto Mario e tutto il suo pantheon per quanto nati in Giappone, si rifanno ad una sensibilità tipicamente occidentale, per cui è un po’ come un ritorno a casa.

Quello che però colpisce, e che rappresenta la vera chicca del film è il modo in cui gli animatori hanno lavorato su questi personaggi. Sarà dai tempi del Game Cube che i personaggi di Mario e DK hanno ormai dei modelli “fissi” che vengono regolarmente usati nei filmati di gioco e nel materiale promozionale. Sconfessarli era rischioso, per una questione di identità e riconoscibilità, ma d’altra parte erano modelli un po’ rigidi, inadatti a coprire la gamma di espressioni e movimenti richiesta da un film come questo. Il compromesso trovato qui è a dir poco affascinante: esteriormente Mario, Luigi. Toad e Peach rimangono loro, ma appena iniziano a recitare ti accorgi che lo fanno con tutto il corpo, con punti di snodo che prima non avevano, e con uno stile che è stato inequivocabilmente arricchito. Animazione davvero splendida, peraltro, che fuga tutti i dubbi che erano sorti quando iniziarono a girare le prime immagini promozionali e si temeva di essere di fronte a un apocrifo.

Super Mario Bros è un film che scardina alcuni modi di pensare, creando un precedente interessante. Se un tempo si diceva che una sfilza di citazioni non basta a fare un buon film, adesso questa affermazione non ha più senso. Il risultato è ottimo, e lo è in virtù di tale sfilza. Il modo assolutamente sapiente in cui la colonna sonora gioca con i temi musicali noti, il susseguirsi on screen di livelli, nemici, power-up e dotti riferimenti al passato di Nintendo costituiscono di per sé spettacolo. E’ curioso anche vedere il modo in cui si è cercato di mettere insieme in modo sensato elementi che senso non ne hanno mai avuto (Mariokart? Wrecking Crew?). Ma soprattutto, è l’azione a contare. Frenetica, meravigliosa, ardita, ritmata, tutta l’adrenalinica sequenza finale potrebbe benissimo essere considerata una grande partita, condotta da un portentoso giocatore dalle spiccate doti registiche. Fa venire voglia di sfilargli il controller e affondare le mani in prima persona in quel tripudio di ritmo, frenesia e colore. Ed è qui che diventa chiaro come gli artisti abbiano fatto centro nell’adattare al grande schermo non la povera narrativa di Mario ma ciò che di lui amiamo tutti per davvero: quel suo gameplay benedetto.

Spero in un futuro per il cinema Nintendo. Ci sono delle sensibilità in quanto fatto da Shigeru e soci, ed è roba fragile e delicata. Ma un film come questo dimostra che queste proprietà intellettuali possono in qualche modo essere maneggiate. A patto di stare molto attenti a chi ci mette le zampe. Io la butto là: nel caso di Zelda potrebbe starci bene qualcosa tipo Ghibli. E’ una cosa che, da adesso in poi, può aver senso sognare.