Scheletri e il 2020 di Zerocalcare

Sulla falsariga di quanto fatto con Ortolani, ritengo opportuno fare una retrospettiva più ampia anche per quello che è stato il 2020 di Zerocalcare, piuttosto che dedicargli una stitica recensione del suo Scheletri (che pure era stata l’idea iniziale per questo pezzo). Calcare è stato un protagonista indiscusso dello scenario fumettistico – e tocca dire mediatico – del 2020, riuscendo a dare un contributo non piccolo durante i giorni della pandemia e divaricando in modo sorprendente le proprie abilità.

I Cartoni Animati

Rebibbia quarantine', guarda il secondo episodio della serie cartoon di  Zerocalcare | Rolling Stone Italia

Ecco, questi non se li aspettava proprio nessuno. Sul finire dell’anno scorso Zero ha iniziato a mettere online questi brevissimi esperimenti animati, che sono diventati una cosa un po’ più strutturata quando ha iniziato a mostrarli in tv a Propaganda Live sottoforma di miniserie – Rebibbia Quarantine – nei giorni del lockdown (strutturati fino a un certo punto, visto che sembrava sempre che la serie fosse finita e poi non lo era mai e lui continuava ad aggiungere episodi con vari escamotage). Fatti in casa, senza mezzi, di slancio proprio, alla cazzo e senza mezza pretesa che fosse una. C’è chi puntava il dito sul fatto che i monologhi in romanesco rappati velocissimi non si capivano, ma è il punto, gente, è il punto.

Per anni ci si è lamentati che le trasposizioni animate in Italia di diversi fumetti non fossero mai attendibili, che molto si perdesse durante il passaggio di mano: Lupo Alberto, Rat-Man, c’era sempre qualcosa che mancava, in freschezza, in spontaneità. Ecco, qui no. Le animazioni di Zerocalcare sono la stessa cosa dei suoi fumetti, solo che parlano e si muovono. Mente, mano, voce, è tutto creativamente allineatissimo, e per ottenere questo effetto, per non perdere qualcosa per strada, per non rimetterci in spontaneità ecco che la velocità forsennata diventa importante, vitale e necessaria. Altrimenti ci si blocca, altrimenti l’ispirazione lascia il posto alla paranoia e la mancanza di mezzi diventa davvero un problema insormontabile.

E un risultato del genere non è che sia così comune, qui in Italia. E quindi mi perdonerà l’interessato, ma il paragone con Bozzetto lo faccio. Sintesi estrema che veicola carrettate di satira e umorismo.

Scheletri

La big thing dell’anno. Una graphicnovellona di quasi trecento pagine che torna ad affrontare il genere che Calcare tratta meglio in assoluto, l’autobiografia. E lo fa con una storia che si spalma tra il 2002 e il 2020, coprendo quindi un frame di quasi due decenni, legando le due epoche insieme con un filo… nero. Non è davvero una sbandata procedurale, eh, ma una storia molto personale, che prende in prestito solo qualche elemento dal genere crime.

L’autore ha ammesso di aver modificato, come sempre del resto, elementi e fatti per mettere insieme l’intreccio, pur mantenendo un nucleo di verità. Qua e là il lavoro di adattamento si nota: l’avanzare della trama presenta infatti passaggi insoliti che normalmente il genere in questione codifica in modo diverso. Si sente, insomma, che qualcosa di reale c’è, perché la realtà è restia a farsi domare dalle regole della narrativa. Il risultato è però uno dei più felici, perché mai come questa volta si percepisce vicinanza ai personaggi. E non parlo solo del solito Calcare, che ovviamente è il nostro punto di vista privilegiato sulla faccenda. La vicinanza la si sente con l’intero cast, che si ritrova coinvolto in una storia sordida: mi sono ritrovato a provare tenerezza, affetto, odio e dispiacere per certi comportamenti dei personaggi, per certe loro scelte e reazioni. E diversi giorni dopo la fine della lettura mi sono sorpreso a rimuginare sul modo in cui il nodo veniva sciolto e a quello che significava in termini umani e sentimentali per ognuna delle persone coinvolte.

Questo per quanto riguarda le vibrazioni “inedite” che Scheletri riesce a trasmettere. Ma il volume è notevole anche per come riesce a rielaborare ed esprimere quelle che sono le turbe e le angosce esistenziali dell’autore. Che non sono certo una cosa nuova, sono praticamente ciò che l’hanno portato a ricoprire la sua posizione attuale nello scenario culturale italiano, ma che vengono qui riprese e spiegate con una forza e una chiarezza inedita.

Tanto per cominciare viene affrontata nel dettaglio la sua annosa angoscia del rimanere indietro. La parentesi universitaria offre lo sfondo per spiegare quella sgradevole sensazione che porta a bloccarci quando non ci sentiamo all’altezza di una situazione. Un blocco psicologico che finisce per far aumentare esponenzialmente il divario con chi invece ce la sta facendo, senza fornire sufficiente spinta a farci recuperare terreno. E questo senso di inadeguatezza è importante perché ti rimane dentro anche quando poi nella vita ce la fai, alimentando una seconda brutta bestia, ovvero la sindrome dell’impostore, con annesso senso di colpa.

Ecco, Scheletri ci fornisce chiare istruzioni per capire come funziona la psiche dell’autore, e fa sorridere che a soli due mesi dalla sua pubblicazione non si sia tenuto conto di tutto questo al momento di schiaffare la sua faccia sulla copertina dell’Espresso, definendolo “l’ultimo intellettuale”. Calcare non è scemo e una percezione del proprio valore sicuramente ce l’ha, ma di certo lo gratifichi di più con un complimento specifico, piuttosto che con frasi fatte e strilli altisonanti.

A Babbo Morto

Il dessert dopo il piatto forte. Prendi tutto ciò che Calcare ha imparato negli anni di attivismo sociale e applicalo ad un microcosmo di poteri forti legati alle feste. Babbo Natale, la Befana, il topino dei denti, il coniglio di Pasqua diventano metafore per raccontare realtà con cui Calcare negli anni è entrato in contatto: sfruttamento, sommosse, terrorismo, emarginazione, segregazione, Genova, c’è qualsiasi cosa.

La rilettura cinica di Babbo Natale non è cosa nuova, è stata già fatta in passato da altri: Lupo Alberto, Futurama, persino in Disney qua e là ci hanno giocato. A farsi notare stavolta è più che altro la forma che questo esperimento assume: a tratti fumetto, a tratti libriccino illustrato. Una collezione di sordidi ed efferati artwork festivi, accompagnati da brutali didascalie che li contestualizzano come fatti di cronaca, colorati da Alberto Madrigal e intervallati a loro volta da pagine in bianco e nero completamente a fumetti. A tutto questo si aggiunge una variant dotata di un gimmick audio a far da colonna sonora e per la prima volta la presenza della versione audiolibro narrato da Calcare stesso insieme a Caterina Guzzanti e Neri Marcorè. Insomma, si percepisce il desiderio di travalicare il solito formato e portare Calcare in un contesto maggiormente multimediale.

Ne esce una cosina graziosa e stuzzicante. Qua e là qualche sbavatura: il coniglio che cambia design dall’artwork al fumetto, la mancanza di una chiusa un po’ più elaborata, con quell’epiloghetto sulle Befane che pare attaccato un po’ a caso. Diciamo che è un oggetto che sa farti salire l’appetito fino a farti sperare in un maggior sviluppo. Ma si capisce che con una cosa come Scheletri in arrivo, non è che ci si potesse aspettare niente più di una chicca.

Zerocalcare 3D Collection

Ah, poi ci sarebbe la cosa delle statuine. Ecco, Calcare diceva che era una cosa per chi sta in fissa coi pupazzetti. Ecco, io lo sono. Ho soppesato a lungo la cosa, poi ho avuto difficoltà a trovare la prima uscita, poi ho riflettuto sul fatto che sono cinquanta. Cinquanta. Cioé, 50. Amo che gli scaffali della mia casetta contengano buone percentuali di rappresentazione delle cose che amo, ma cinquanta pupazzetti calcarei sono un po’ troppo anche per me. Magari aspetto che esca qualche bello statuone in resina più avanti, fatto meglio e rappresentativo, tipo quelli di Valker e Cinzia usciti anni fa per Ortolani.

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