The History of Middle-earth – Le Storie Perdute

1. The Book of Lost Tales, Part I (1983) – Racconti Ritrovati (1986)
2. The Book of Lost Tales, Part II (1984) – Racconti Perduti (1987)

Anni ‘10 del 1900. Il giovane Tolkien, appassionato di lingua inglese antica, è crucciato dal fatto che la sua Inghilterra non abbia un corpus mitologico proprio, al contrario dei popoli scandinavi e germanici e di quelli mediterranei. Decide quindi, in modo decisamente innovativo, di crearne uno lui stesso.

The Book of Lost Tales” è il titolo dato da Tolkien alla primissima versione del suo lavoro mitopoietico, composto principalmente tra il 1915 e il 1920. La divisione in due volumi è semplicemente una scelta editoriale di Christopher Tolkien, in quanto la storia è unica. Il titolo Silmarillion è assente, e apparirà invece la prima volta in una raccolta del 1930 (Quenta Noldorinwa) che è alla base della versione sottoposta agli editori nel 1937.

Il Silmarillion fu concepito successivamente da Tolkien come una sorta di compendio delle storie antiche, realizzato in epoche recenti (forse da Bilbo a Gran Burrone, anche se Tolkien ha cambiato idea varie volte su questo) basandosi su racconti tramandati oralmente per ere e millenni. Da questo “compendio” l’autore era intenzionato ad estrarre e narrare in modo più esteso le storie più importanti e fondative: Tolkien scrisse quindi nel tempo varie versioni più estese dei miti di Turin, di Beren e Luthien, di Gondolin.
Le “Storie Perdute” invece presentano una struttura diversa, con chiaro riferimento all’idea primordiale di Tolkien di fornire un corpus mitologico alla storie d’Inghilterra: le singole storie sono inserite in una cornice, che racconta di Eriol il marinaio, il quale giunge casualmente all’isola di Tol Eressea (“L’Isola Solitaria”), dove ascolta dagli elfi che ancora vi abitano le storie dei tempi antichi. Nell’intenzione dell’autore, Tol Eressea sarebbe stata trascinata dai Valar verso occidente, diventando l’isola di Inghilterra: in questa sua visione primitiva, Tolkien identifica dunque Eriol come “il progenitore degli inglesi” e tramite delle leggende elfiche (elfi che in realtà sono sempre tra noi, ma diventati invisibili a causa del predominio degli uomini che li chiamano con nomi come fate, folletti e spiriti). Questa interessantissima concezione ben presto perderà importanza, con la nascita delle storie della seconda e della terza era e della Terra di Mezzo, e rappresenta la più grande differenza con il Silmarillion.

“Povera Inghilterra, così povera di mitologia!”

Sorprendente è il fatto di come la parte narrativa dei “Racconti Perduti” si sia fondamentalmente conservata nell’opera tarda. Abbiamo già quindi tutta la parte riferita alla costruzione del mondo dei Valar, a Melkor, alla nascita degli Elfi, alla creazione dei Silmaril, alla fuga dei Noldor, alle guerre con Melkor (la storia del Beleriand è solo abbozzata). La struttura base è già presente, insomma, fin dagli inizi.
Le differenze sono altrettanto importanti, ovviamente. Lo stile è diverso da quello aulico del Silmarillion: abbiamo qui uno stile intermedio con alternanza di registri alti e bassi, più prolisso rispetto a quello conciso dell’opera successiva e più acerbo. Le genealogie sono estremamente abbozzate, compaiono pochi personaggi: i figli di Feanor hanno un ruolo marginale, anche la storia stessa dei Silmaril non ha ancora il ruolo di filo conduttore, i Valar hanno molto più spazio, non è ancora stato definito lo strepitoso concetto della Morte come “Dono di Iluvatar” per gli uomini, tutta la parte escatologica è molto confusa e incerta (come purtroppo rimarrà pure nel Silmarillion), l’influsso del cristianesimo è ancora più evidente che in seguito.

L’apparato critico di Christopher Tolkien ci mostra come J.R.R. Tolkien scrivesse una prima versione a matita, per poi sovrapporci una versione corretta a penna e scancellando la prima versione. La versione a penna (spesso corretta altre volte da foglietti e appunti volanti) era ulteriormente modificata al momento della produzione del dattiloscritto, in un tripudio di cambi di nomi di personaggi e luoghi (tutti puntigliosamente annotati da Christopher).

Nel secondo volume abbiamo le prime versione delle tre grandi storie maggiori: “Beren e Luthien”, “I Figli di Hurin” e “La Caduta di Gondolin”. Interessante notare come sia praticamente assente il Regno del Nargothrond, che sarà un importante collante tra le varie vicende nel Silmarillion, e la storia della rovina del Doriath sia solo un abbozzo (e tale resterà fino alla fine). Ancora più abbozzata poi è la storia di Earendil e del suo viaggio verso Valinor per chiedere la grazia agli Dei.
Credo sia interessante ripercorrere le vicende editoriali e compositivi di queste tre storie, di cui Christopher Tolkien ha giustificato la loro recente pubblicazione in volumi indipendenti con le parole del padre in una lettera del 1951: una volta avevo in mente di creare un corpus di leggende più o meno ampio, che spaziasse dalla cosmogonia più ampia fino alla fiaba romantica, più terrena, e che traesse il suo splendore dallo sfondo più vasto… alcuni dei racconti più vasti li avrei narrati interamente e ne avrei lasciati altri solo abbozzati e sistemati nello schema d’insieme.

Gondolin

Beren e Luthien. La prima versione della storia d’amore più bella creata da Tolkien è il “Racconto di Tinuviel” del 1917. Interessante notare come Beren sia qui un elfo, e si perde parzialmente il sacrificio di Luthien che rinuncia alla sua immortalità. Diverso anche il personaggio di Thingol, molto più meschino e avido rispetto a quello che sarà in seguito. Non abbiamo poi Beren prigioniero sotto Sauron, bensì la sua lotta con Tevildo, principe maligno dei gatti, personaggio che scomparirà in seguito. La storia di Beren e Luthien iniziò a evolversi pochi anni dopo nel poema incompiuto “The Lay of Leithian”. Al contrario delle altre due storie, Tolkien non riuscì a realizzare una versione “estesa” ma solo la forma “condensata” presente nel Silmarillion.

La Caduta di Gondolin. “The Fall of Gondolin” è la storia più antica, completata già nel 1917. Nelle “Storie Perdute” abbiamo già tutti gli elementi tipici del racconto, l’arrivo di Tuor, le sue nozze con Idril figlia di Turgon, la gelosia e il tradimento di Maeglin, la fuga di Tuor e la nascita di Earendil. Si tratta forse del racconto che ha subito nel tempo meno cambiamenti, anche dal punto di visto dei nomi. Dopo il riassunto realizzato per il “Quenta Noldorinwa” del 1930, Tolkien iniziò a scrivere la versione estesa e aggiornata nel 1951, ma si fermò al momento dell’arrivo di Tuor a Gondolin (è questa la versione presente nei Racconti Incompiuti) senza più continuare. Per il Silmarillion, Christopher ha cucito e riadattato pezzi presi qua e là.

I Figli di Hurin. Si tratta indubbiamente del racconto più complesso, drammatico e interconnesso della Prima Era ed è quello di cui esistono più versioni, nessuna delle quali al solito veramente completa. Nei “Racconti Perduti” abbiamo la prima versione (fine anni ‘10), “Turambar and the Foalókë”, direttamente ispirata dal poema finnico “Kalevala” e da altri miti germanici. La storia è a grandi linee già consolidata (con Hurin costretto a vedere le conseguenze della maledizione sul figlio, le nozze con la sorella incantata da Glaurung, il drammatico scontro finale con il drago), anche se ovviamente abbiamo molte differenze per quanto riguarda i passaggi del Nargothrond e del Doriath. Pochi anni dopo Tolkien iniziò il poema in versi allitterativi “The Lay of the Children of Húrin”. Dopo i vari abbozzi degli anni ‘30, la versione più completa della storia è quella del 1951 chiamata Narn i Hîn Húrin, che presenta solo qualche mancanza qua e là. La versione recente del volume singolo “I Figli di Hurin” è stata realizzata da Christopher prendendo insieme pezzetti dal Narn e dal Silmarillion.

Le “Storie Perdute” si chiudono con gli abbozzi delle storie della Nauglafring e della rovina del Doriath (interessante notare come i nani a quest’epoca fossero esseri sostanzialmente malvagi per natura) e i frammenti di quella di Earendil, mai compiutamente realizzata da Tolkien. Una parte molto interessante, in cui le note sono molto più del testo originale, che ci mostra la perenne insoddisfazione e indecisione di Tolkien.
Abbiamo infine qualche frammento relativo alla storia di Ælfwine, personaggio che in pratica rappresenta l’evoluzione di Eriol. In questa prima rivisitazione della “cornice” alla mitologia, si va a perdere il passaggio diretto Tol Eressea = Inghilterra in quanto più semplicemente Aelfwine è un marinario anglosassone degli inizi del secondo millennio che giunge a Tol Eressea, sente i racconti degli elfi e li traduce in antico inglese diffondendoli quando torna in Inghilterra. Il concetto di Aelfwine sopravviverà per tutti gli anni ’20 e ’30, e in realtà Tolkien non si deciderà mai se dare o meno una cornice al Silmarillion collegandolo direttamente alla storia inglese.


Continua con: The History of Middle-Earth – Qualcosa Di Più Grande.