Di Seguiti e Sviluppo Visivo

Patina. Verticality. Formality. Stylization.

Studiando approfonditamente l’artbook di Wish si imparano molte cose su quello che è il gergo di lavorazione degli artisti al lavoro sullo sviluppo visivo di un film animato. Ragionamenti sul colore, calcoli geometrici sulla gestione dello spazio scenico, ispirazioni che vengono da lontano e lambiscono Tenggren, Nielsen, Earle… e poi ancora più indietro fino a Bauer, Rackham e altri signori attivi in Europa da prima che Disney nascesse. Un pozzo senza fondo di suggestioni, studi e afflato comunicativo che finisce per dare ad ogni film una sua specificità.

Questo anche nel caso dei loro sequel, che in teoria dovrebbero poggiare su ragionamenti e scelte pregresse. E invece. Il seguito di Ralph è un film praticamente nuovo di zecca, che costruisce un mondo completamente nuovo sulle spalle del vecchio, da cui eredita giusto un paio di personaggi. Quello di Frozen pure è molto diverso, come tipo di narrazione e come palette cromatica. Ci sono variazioni dovute al progresso tecnico e scelte di natura puramente artistica, come il frequente ricorso ad un tipo di effettistica bidimensionale, che spicca su sfondo nero. Dei seguiti di Bianca e Bernie e Winnie the Pooh c’è poco da dire: epoche diverse, direzione artistica diversa.

Sul fronte qualitativo, il fatto che Moana 2 fosse stato pensato in origine come serie per Disney+ non mi ha mai spaventato. Stiamo parlando di una produzione WDAS di qualità cinematografica. La maggior parte delle miniserie in sei parti prodotte per la piattaforma dalle diverse divisioni cinematografiche Disney non erano altro che filmoni fatti a tocchetti, quindi perfettamente ricomponibili con un buon lavoro di montaggio. Non dubito che riusciranno a ottenerne un buon film. Quello che molto probabilmente non riusciremo però ad avere è quella specificità in più, quell’irrequietezza artistica che i film sopracitati avevano e che nasce dalla consapevolezza di non star semplicemente espandendo un franchise, ma di star costruendo il film successivo della gloriosa filmografia WDAS.

Osservandone il trailer la paura è che, per quanto buono, Moana 2 possa risultare derivativo, visivamente e narrativamente. Perché di solito è questo che si fa in una serie: approfondimento, espansione, omaggio. La scelta artistica ardita o lo scossone allo status quo narrativo in genere lo affidi ai film che nascono come tali. E qui non so quanto ci sia stato il tempo di intervenire in profondità, per cambiare così tanto il dna del progetto. Certo, una cosa gliela dobbiamo riconoscere: Moana è leggermente più adulta, e nella CGI un cambio di design equivale a un cambio di modello. Non esattamente ciò che ci aspetterebbe da un prodotto nato con l’idea di essere minore.