Dunque, è uscito Moana 2, ufficialmente il 63° film del canone WDAS.
Serve davvero ricapitolare il pregresso che ci ha portati ad ottenerlo? Ok, stringi stringi: nel pandemico 2020 una Disney sulla cresta dell’onda annuncia la qualunque. La sua piattaforma streaming va nutrita, e tutti si mettono al lavoro. Succede che i WDAS per la prima volta nella loro storia abbracciano il formato serie tv e così mettono in cantiere una serie di Moana in sei episodi, a narrazione orizzontale, sulla falsariga di quanto sta avvenendo in Pixar, Marvel Studios e Lucasfilm con le loro miniserie ad alto budget. Quattro anni dopo il lavoro non è ancora ultimato, ma nel frattempo lo scenario produttivo è profondamente mutato. La Disney è in crisi, il modello di business messo in piedi con Disney+ si rivela insostenibile e dopo i flop di Strange World e Wish pure i WDAS rischiano grosso. Bob Iger decide che la cosa migliore da fare per il 2024 è convertire immediatamente la serie di Moana in un film e salvare capra e cavoli. I sei episodi vengono quindi ricomposti e compattati per dare forma a questo sequel, e in meno di un anno Moana 2 è pronto.
Data la sua peculiare origine viene naturale non aspettarsi quell’autonomia artistica che invece avevano i precedenti sequel WDAS, che sembravano nati da ragionamenti diversi. Frozen 2 aveva un’estetica sua, con una palette cromatica diversa dal predecessore. Ralph Spacca Internet esplorava un contesto nuovo. Il secondo Bianca e Bernie e il secondo Winnie Pooh erano parti artistici di generazioni differenti e così via. La serie Disney+ di Moana parte con l’idea di esserne una degna espansione ma costruisce su quanto già fatto, e questo un po’ si sente. Non troppissimo, eh, dopotutto hanno invecchiato la protagonista (e il maiale), ma lo stile generale rimane quello conosciuto nel 2016.
La domanda vera però rimane una soltanto. Quanto traspare della sua natura di serie abortita nel prodotto finito? Si sente sta cosa o l’hanno mascherata bene? Ne ho sentite di ogni. Proviamo a fare un po’ di debunking.
– La qualità è televisiva, stile sequel home video. Falso. E’ animazione Disney di gran livello, e il senso di mettere i WDAS a fare serie tv era proprio quello di far crollare le barriere tra piccolo e grande schermo. Anzi, se parliamo di livello tecnico, di sottigliezze recitative, di animazione in sé, il primo film è stato addirittura scavalcato.
– Si sente che sono episodi montati insieme, ogni venti minuti si cambia plot. Falso. Le miniserie Disney+ nascono di base come film a pezzetti. Ne deriva che rimettere insieme i pezzetti porta a ottenere… di nuovo un lungometraggio. Se ogni venti minuti vi sembra che cambi il plot si tratta di un bias: è così che funziona la narrazione. I film sono fatti di sequenze. Altrimenti pure il Pinocchio di Disney può sembrare una serie tv. Se parliamo di ritmo e struttura, in Moana 2 il rimpasto è stato fatto in modo eccellente, e il risultato è organico.
– E’ un taglia e cuci di situazioni che dovevano essere maggiormente approfondite. Vero. Eh già, qui si sente fin troppo che la compressione si è mangiata roba. Sembra proprio che manchino delle parti, oppure che alcune cose siano esposte in modo troppo rapido, senza che si capiscano bene o che si avverta il loro peso reale. Mitologie, divinità, profezie, è pieno di ‘o dimo, di cose poco chiare, di eventi che impattano sui personaggi in modo che… ti devi fidare, si capisce dopo. Anche Frozen 2 aveva un po’ sto vizio, ma lì al massimo c’era illusione di trasparenza, e comunque ti stordiva con altro. Qui c’è la “cattiva” Matangi che rimane un personaggio enigmatico… pure dopo che sei uscito dal cinema.
E questo ci porta ad una conclusione che – vi avviso – è un po’ spoilerina.
Moana 2 offre parecchio in termini creativi e artistici. Ma segna un cambio di passo forse definitivo per lo studio perché non è un film autonomo. Non dipende infatti soltanto dal suo predecessore, ma anche da un ipotetico Moana 3. Ufficialmente non è stato ancora annunciato, certo, ma la post-credit conduce per forza là. Così non fosse, saremmo di fronte ad un progetto monco, come non era mai successo prima in Disney. Alla luce degli imminenti Frozen 3 e 4, l’aggancio verso Moana 3 assume un significato e promette un deciso cambio di paradigma. Se questa marvellizzazione fuori tempo massimo dei Classici Disney costituisca l’inizio della fine, o semplicemente un nuovo fertile scenario creativo, figlio dei nuovi tempi in cui viviamo, è una cosa che ritengo possa esser stabilita solo fra qualche decennio. Serve prospettiva, altrimenti avremmo bollato come apocalittiche svariate fasi produttive del secolo trascorso, e che ci hanno dato materiali che invece oggi abbiamo felicemente metabolizzato.
Nel frattempo suggerisco di mettere da parte le isterie e sederci comodi per vedere come proseguirà questa follia iniziata in quel lontanissimo 1937.