Il Centenario WDAS

100 anni oggi.

Da dove cominciare… forse dal fatto che chi mi conosce sa bene che per me Disney non significa solo una cosa. C’è una Disney Company, una multinazionale enorme che come tutte le multinazionali enormi fa delle scelte improntate al guadagno, e per la quale ha senso non nutrire per forza simpatia. E poi c’è uno studio di animazione, Walt Disney Animation Studios (WDAS), che ne è un po’ il nocciolo, e custodisce l’essenza più profonda di ciò che avvenne 100 anni fa. Ecco, la “mia” Disney, che oggi celebro e onoro, sono i WDAS, questa stranissima entità che nel corso di un secolo ha fatto la muta almeno due volte, ma seguendo un percorso coerente e compatto.

I WDAS costituiscono la mia personale risposta al paradosso della Nave di Teseo, che cambia i pezzi ma rimane sé stessa. Come è possibile? Perché non è solo uno studio, ma un punto di vista sul cinema d’animazione, una vera e propria scuola. A scuola si insegna e si impara, ci sono figure che formano le generazioni successive, le quali a sua volta faranno lo stesso con i novellini. Una di queste era Burny Mattinson, appena morto, ma presente allo studio per ben settant’anni. Abbracciò un periodo che andò da Sleeping Beauty a Strange World, per intenderci. Come lui, anche altri, abili artisti in grado di creare ponti fra diversi momenti. Di favorire il ricambio generazionale senza che questo significhi andare a campi. Per questo la nave cambia ma somiglia ancora a sé stessa.

A Burny è dedicato il corto Once Upon a Studio, arrivato oggi in piattaforma. E’ lui il vecchietto che appare all’inizio. E se c’è un’opera che simboleggia il concetto di eredità, eccola qua. Oltre cinquecento personaggi, in 2D o in CGI tratti dai classici Disney, dai corti, dalle Silly Symphony si riuniscono per celebrare i WDAS, la Disney “autentica”. Artisti in pensione sono tornati in servizio per rianimare i loro personaggi, attingendo al noto e al meno noto e nuovi apprendisti sono stati addestrati per costruire un nuovo nucleo di animatori 2D. L’effetto è sconcertante, e la foto di gruppo finale ha il sapore di un risarcimento. La restituzione di uno storytelling, nella sua accezione marketing, che i poveri WDAS non avevano mai avuto, costretti a condividere il marchio con divisioni che nulla c’entravano con loro. Once Upon a Studio è una celebrazione e una rivendicazione. Ed è cultura vera, quella che non sempre la Disney di oggi tiene a propagare. Guardatelo, e sappiatemi dire se un Topolino, un Pippo e un Paperino più belli di questi esistono.

Oggi festeggiamo, quindi. E per festeggiare meglio ecco una sorpresa. Andate nella sezione WDAS del Compendium, troverete qualche novità. Un tassello dedicato a Pico, ad esempio. E la tanto attese liste speciali sull’animazione Disney sponsorizzata, gli interstitials televisivi e tante piccole curiosità da espertissimi, vergate da Ettore. Frugate, frugate. Non solo. Ho pensato che sarà pur vero che la storia della Disney a Burbank inizia nel 1923. Ma è anche vero che Walt nei tre anni precedenti aveva realizzato qualcos’altro a Kansas City. I Laugh-O-Grams con il loro sonoro fallimento tendono a venire scordati, quindi ho pensato bene di riscrivere le schede relative a quel periodo aggiungendo dati e informazioni che nel frattempo ho reperito. Sono le prime otto schede del Compendium, quelle della Silent Era. Le potete leggere in sequenza, e noterete che raccontano una storia, quella di un Walt ingenuo e avventato, ma comunque energico ed esuberante. Festeggiamolo così il centenario, lasciamo perdere il rumore tossico che quest’epoca internettiana ci ha purtroppo messo davanti, e andiamo a riscoprire la radice delle cose.

Auguri Walt e grazie ancora per quei due penny.