Animali Fantastici: I Crimini di Grindelwald

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I Crimini di Grindelwald è un film che scombussola. La Rowling procede nel percorso di evoluzione del suo “wizarding world” arrivando a livelli che ai tempi del primissimo Harry Potter non potevamo nemmeno immaginare. Metafore politiche, critica sociale, arguti sottotesti e trovate visive di assoluto impatto, ma soprattutto la volontà evidente di prendere la mitologia potteriana e affrontarla da tutt’altra angolazione. Questo processo era già iniziato nel primo Animali Fantastici, ovviamente, che proponeva una diversa location, un diverso periodo storico e soprattutto un diverso punto di vista sul mondo magico. Ma solo adesso che spuntano Hogwarts, Silente e compagnia bella, solo ora che torniamo all’ovile, ci rendiamo conto di quanto la prospettiva si sia nel frattempo allargata, di quanto questo universo narrativo sia ora più potente, sfaccettato, maturo. Probabilmente la reinvenzione di un franchise più riuscita e intelligente da tempo immemore.

I Crimini di Grindelwald è però un film anche molto ostico. Non lo si affronta con leggerezza, bisogna faticare, stare attenti e non perdersi mezza sillaba. Frenetico, cupo, oscuro e decisamente complesso, non si permette di gigioneggiare neanche un momento. La Rowling non aspetta altro che di sfogare la vena gialla, e questo ormai lo sappiamo da tempo, e quindi ha inserito nella sceneggiatura dettagli, personaggi, retroscena e indizi in quantità. E lo spettatore impreparato potrebbe finire incastrato fra alberi genealogici, identità segrete, e misteri che forse potevano funzionare più su carta, con una lettura dai ritmi distesi. Una sfoltita e una narrazione più rilassata avrebbero fatto bene all’impianto generale, dando tregua al fruitore che invece viene bombardato di elementi fino all’ultimo frame, finendo trascinato persino lungo alcune false piste.

Il “troppismo” del film è però una magagna che mi sento di perdonare, in un’epoca in cui si incorre troppo spesso nel problema opposto, con franchise che vengono perpetuati all’infinito senza avere una tale mole di idee e materiale a sostenerli. E pazienza se la Rowling questo giro ha sfiorato il cervellotico. Avercene. In compenso abbiamo un cast che continua ad apparire azzeccato e caratterizzatissimo, e in cui spiccano il Silente di Jude Law e il Grindelwald di Johnny Depp, carismatici fino all’inverosimile. Ci sono poi alcune scene assolutamente visionarie come la chiamata alle armi con Parigi invasa dai veli neri fluttuanti, o il comizio populista di Grindelwald con tanto di spoiler su Hiroshima e sulle future nefandezze del mondo non magico. Questo secondo capitolo non ha in ogni caso l’autonomia del primo e sembra preparare il terreno per gli eventi dei prossimi tre film, come se il disegno generale avesse prevalso sulla narrazione verticale. Caldamente consigliato, a patto che lo si approcci senza superficialità, ma dandogli tutta l’attenzione che merita (e meriterà). Perché dopotutto, se una saga che inizia con le cioccorane prosegue mostrandoci la nascita dei primi totalitarismi, bisogna proprio riconoscere che viviamo in tempi interessanti.
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