Conclusa la precedente trilogia di libri dedicati a Thrawn, e forte del fatto che il personaggio, menzionato in The Mandalorian, si prepari a sbarcare nell’area live-action del franchise, Lucasfilm dimostra di credere parecchio nel Chiss creato da Timohty Zahn, per il quale ha in serbo una seconda trilogia di romanzi, scritti dallo stesso autore e ambientati durante i suoi primi anni di militanza in patria. Panini, molto attenta alla componente “sincronica” di questo gigantesco canone crossmediale non ha perso tempo e ha scelto di dar precedenza assoluta a questa nuova iniziativa, riportando il lettore italiano “al passo” nel giro di pochi mesi con gli scritti di Zahn, dopo aver fatto lo stesso con L’Alta Repubblica. Una scelta lodevole, per quanto questa indigestione di Star Wars non faccia proprio benissimo al desiderio. Tuttavia rimane un male necessario per recuperare il tempo perduto durante il periodo di passaggio tra i due editori.
Recensire un libro di Thrawn firmato da Timothy Zahn porta a focalizzarsi sempre su quel paio di aspetti tipici della sua scrittura che ad alcuni piacciono molto e ad altri rendono la lettura praticamente impossibile. Chi scrive si colloca in quella terra di nessuno perfettamente a metà tra le due posizioni: di Zahn adoro la capacità di descrivere al dettaglio i turbamenti psicologici e le occasionali destabilizzazioni che possono avvenire all’interno di una robusta catena di comando, specie quando a minarne gli equilibri gerarchici è una mentalità geniale e neurodivergente come quella del protagonista. E allo stesso tempo detesto quello che poi all’atto pratico sono le attività dei suoi personaggi, intrappolati in un contesto spesso grigio, sterile, meccanico e ripetitivo. La precedente Trilogia di Thrawn aveva dato modo a Zahn di mettere in vetrina ed esasperare nel bene e nel male entrambi questi aspetti, forte della possibilità di giocherellare con alcune delle personalità più carismatiche della saga, ma allo stesso tempo debole di uno sviluppo della trama orizzontale limitato da fattori esterni.
Qui Zahn viene chiamato a fare una cosa completamente nuova. Una trilogia prequel che riparta “dall’inizio” e che porti il lettore in un altro contesto, in un’altra cultura… oltre i confini della galassia conosciuta. Uno spazio di manovra dannatamente ampio e allo stesso tempo una responsabilità pazzesca, in termini di worldbuilding generale. Siamo più o meno nel periodo delle Guerre dei Cloni e oltre la Repubblica ci sono le Regioni Ignote, in cui è situata l’Ascendenza Chiss, un sistema di pianeti legati da un governo unico guidato da una manciata di famiglia patrizie dal sapore romaneggiante. I Chiss chiamano lo spazio oltre propri confini “il Caos”, hanno un loro modo di affrontare la navigazione iperspaziale e di concepire i rapporti con i regni e con le specie lontane. Il loro ordinamento sociale è davvero molto complesso e si basa su una serie di equilibri e squilibri fra famiglie rivali, la cui appartenenza è a sua volta subordinata ad una rigida gerarchia. Tutto questo influisce sul loro modo di agire, pensare… e sulla loro stessa lingua. I nomi dei Chiss infatti possono cambiare nell’arco della propria esistenza, modificando alcune sillabe al cambiare della loro affiliazione. Siamo in un altro mondo, siamo in un’altra cultura e siamo in un altro Star Wars, praticamente. Zahn fa davvero un gran lavoro nel costruire il suo universo “privato”, e il fatto che questo sia uno dei pochi libri ad aprirsi con una sorta di glossario con i principali nomi di personaggi e famiglie fa ben capire la portata del progetto.
L’infanzia, l’adolescenza, gli studi accademici e i primi successi professionali di Thrawn ci vengono narrati attraverso tredici capitoli flashback che intervallano l’azione al presente. Sono probabilmente le pagine migliori del volume, dato che Zahn dà il suo meglio nel raccontare cosa possa significare crescere in un contesto sociale tanto politico per una persona con l’inquadramento mentale di Thrawn. Sono anche le pagine che ci forniscono maggiori informazioni sulla mitologia di quella regione, e a dire il vero il libro avrebbe tratto un forte giovamento da una narrazione in presa diretta di tutti quegli eventi formativi, un po’ come aveva fatto la stessa Claudia Gray nel suo apprezzatissimo Lost Stars. Il volume invece sceglie di adeguarsi alla maggior parte della letteratura a tema Star Wars e nelle sue pagine “al presente” preferisce proporre una trama più verticale, in cui vediamo Thrawn indagare sull’ascesa del Destino Nikardun, una tirannide che opprime i governi locali e che minaccia indirettamente l’Ascendenza. Ci sono alcuni momenti molto ispirati, come quello in cui vediamo prendere vita il flashback che ci era stato narrato Thrawn: Alleanze. In quell’occasione facciamo una puntatina nello Star Wars conosciuto e rivediamo Anakin, cosa che fa molto piacere. E un’altra cosa ottima è l’attenzione riservata ad alcuni personaggi femminili non direttamente coinvolti nella trama militare, cosa che aumenta il livello di sensibilità del tutto.
Ma il resto è il solito tran tran. Thrawn che va di qua e di là, sbriga commissioni, incalza dittatori in stile Tenente Colombo per metterne alla prova la buona fede, si fa spedire un container, va a controllare una cosa, spegne la luce del bagno e così via. Tattica, ragionamenti, geometria, logistica e tanta micronarrazione. Cose che possono essere percepite come molto noiose, ma capisco che ai fan di un certo tipo di enigmistica possano anche piacere.
Capisco un po’ meno, però, il motivo per cui al termine di questo primo volume… il caso in sé risulti di importanza relativa, un prologo alla reale minaccia che vedremo nei due prossimi libri. Un trucco narrativo ben collaudato nella narrativa seriale, che però qui fatica a reggere 500 pagine di cose. E allora sorge il dubbio che questi progetti editoriali che nascono già come “trilogie” partano già come brodi allungati. Al termine di questo secondo trittico di libri avremo migliaia di pagine che descrivono le mirabolanti imprese di questo bellissimo personaggio. Imprese che per la maggior parte delle volte si riducono a dedurre che trasportare 18 casse messe in orizzontale piuttosto che in verticale permetteranno di sfruttare maggiormente la capienza del container.
E ok, sul breve tempo hai avuto il mio tempo e i miei soldi, ma sul lungo? E’ una tattica che il Grand’Ammiraglio approverebbe?