Finisce Ms. Marvel e se ne va lasciandosi dietro l’impressione di averla presa un po’ sottogamba.
Questo per vari motivi. Al di là degli sviluppi e delle promesse potenti per il futuro del MCU, l’effetto è stato quello di aver visto una cosa minore, piccina, tenerella, che non ha mai osato pretendere di essere altro che la portata B di questi ultimi mercoledisney. Perché pensiamoci: i primi tre episodi sono usciti insieme agli ultimi tre di Obi-Wan Kenobi, il quarto insieme a Baymax (che è importante per motivi che non indago qui, ma lo è molto), il quinto insieme a Thor. Il sesto e ultimo dai, finalmente soli.
L’altro dubbio che mi ha lasciato è dovuto alla sua natura strettamente adolescenziale. Natura gestita allo stesso modo del Red di Pixar, il che significa molto bene. Ma che in un’epoca di flood e ramificazione sfrenata del materiale Marvel qualche timore me lo fa venire. E’ un timore che non c’entra con l’opera in sé, ma con il progetto generale di Feige, con la Fase 4, col MCU. L’impennata produttiva la stiamo vedendo tutti: mille prodotti, tutti diversi, tutti ispirati, tutti in qualche modo sperimentali. E con buona pace dei detrattori, il MCU sta facendo proprio bene al genere dei cinecomic, dimostrando che non è vero che è un genere, ma può essere qualunque cosa. Ma con una costante: essere quel grande spettacolo che prende più o meno tutti, concetto ereditato proprio dal cinema Disney. Ma nel momento in cui esce qualcosa di così specifico, questa costante viene meno e c’è il rischio che qualcuno si senta fuori target. E magari inizi a saltare materiale, incrinando quel rito collettivo, quel giochetto completistico che fece la fortuna di Endgame.
Può darsi che sia solo catastrofismo, o magari che siano timori fondati… ma che sia un rischio calcolato, perché per un boomerone che perdi, magari acquisti frontiere di nuova utenza. In ogni caso, uscendo dalla prospettiva d’insieme e andando a vedere l’opera specifica, proviamo a vedere quel che ci rimane in mano: una protagonista simpatica, tanto per dirne una, che non è poco. Le già citate premesse future che però sono spoiler. Un contesto familiare raccontato in modo davvero genuino e sentito. Il coraggio di mostrare comedy, balli, canti e materiale che nessuno assocerebbe di base ad un cinecomic. E… la partizione. Sul serio, spendere metà del penultimo episodio per raccontare un evento storico, proponendo un flashback in costume è quel genere di cose che nessuno ad Hollywood farebbe, a parte Feige che continua a sembrarmi uno dei pochi da quelle parti ad avere le palle di fare quello che piace a lui, convincendoci che di sicuro è anche quello che piace a noi.