Molto bravi. In un colpo solo sono riusciti a confezionare un film fondamentale per la costruzione dello Spiderman di Tom Holland, importante per la macronarrazione del Marvel Cinematic Universe e in grado di dare alla Sony il giusto assist per rafforzare il brand-come-lo-intende-lei, cioé un costumino trasversale che abbraccia più iterazioni.
Ecco, parliamo di questo. E di come la Sony negli anni abbia infilato una serie di scelte a volte buone, spesso disastrose e generalmente mediocri e come il cercare a tutti i costi di riscattarle (spesso riuscendoci) sia forse l’unico punto debole di questo film.
Nei giorni scorsi infatti mi sono sparato in sequenza tutti gli Spiderman pre-MCU per prepararmi all’evento. E ne sono uscito malconcio. La trilogia di Raimi aveva cuore, certo, e anche delle belle trovate. A spiccare è il secondo, mentre il terzo è confusionario e il primo decisamente invecchiato. La bilogia di Webb invece è proprio meh. Bella Gwen e in generale ok, ci hanno provato. Ma si vedeva troppo che era un progetto freddo, messo in piedi a tavolino e svolto alla bell’emmeglio, tanto per tenersi i diritti e pestare i piedi al MCU.
Una gestione del brand spregiudicata e senza visione, che un po’ si perdona dato che era figlia di un modo arretrato di pensare il cinema, ma che è anche bene lasciarsi alle spalle. Specie se pensiamo ai cattivi, vero e proprio tallone d’achille di un po’ tutti quei film: anche quando si aveva la fortuna di avere grandi attori come Dafoe e Molina, le loro backstory si somigliavano tutte, il loro sviluppo era ridicolo e limitato, e spesso tendente al pessimo gusto. Bene o male ci si trovava sempre davanti a quelle logiche da fumetto, col supercattivo che prima era una brava persona ma poi impazziva e pronunciava frasi da asilo nido.
Ecco, poi arriva il MCU e Spiderman cessa di essere un logo rebootabile e diventa un bellissimo ingranaggio di un complesso meccanismo narrativo, gestito da gente sicura di sé. E quando sei sicuro di te vai in stato di grazia, crei personaggi interessanti, regali carisma anche ai comprimari a cui non daresti un centesimo. Ti concedi scelte anche ardite, e in pratica… crei un clima. E quando No Way Home comincia, tu quel clima lo senti. Quel magnetismo, quell’interazione brillante, quell’ispirazione quasi contagiosa. Lo senti che non sei in uno degli Amazing dove le cose succedono perché bisogna, ma sei in un contesto vivo, vero.
Così quando questo contesto si ritrova, costretto dalle circostanze, ad accogliere elementi orrendi come Lizard o Elektro, lo senti che un po’ fa fatica. Li senti gli scricchiolii. Non sono figure ben costruite, qualsiasi intervento fatto su di loro è a posteriori e si percepisce. Sono ospiti in un mondo scritto meglio, e francamente stonano. Per carità, nemmeno il MCU è partito al livello qualitativo attuale, all’inizio le ingenuità c’erano. E sono contento quando le riprendono, ricontestualizzandone gli elementi deboli. Ma un conto è quando gli errori sono tuoi, un conto è quando ti sporchi le mani con gli errori di una compagnia che non si sa quanto abbia imparato e che sotto sotto continua a far squadra a sé. Perché l’impressione è che da un’operazione come questa i pastrocchi di Sony ne escano rafforzati, se non addirittura applauditi.
Ma questo è contesto. E per questi brutti pensieri ci sarà tempo in seguito, osservando la prosecuzione dell’eterno braccio di ferro tra i due colossi, che continueranno a contendersi la carriera di Tom Holland. Il quale se lo chiedete a me rimarrà sempre il miglior Spiderman di tutto il multiverso.