Il Marvel d’Oriente

Shang-Chi è un film molto buono. Porta il cinema Marvel verso una nuova frontiera, una frontiera che già la Disney stava corteggiando da un po’ con produzioni quali Raya (che con Shang-Chi ha parecchio a che spartire), ma lo fa rimanendo agganciato alla lore Marvel, tirando in ballo elementi inaspettati e approfondendo questioni che risalgono ai tempi della Fase 1. E’ anche il primo vero contributo in termini di “cast” a questa Fase 4, che per ora aveva solo svelato il suo villain e rimesso in gioco personaggi già conosciuti, mentre adesso ha finalmente un eroe nuovo di zecca.

Poi, per carità, siamo nella fascia medioalta del MCU, non si raggiungono le vette toccate di recente dai vari Infinity War/Endgame o dalle serie Disney+, e se si escludono gli agganci al futuro – parecchio intriganti – si correrebbe il rischio di scordarselo presto. Forse anche per colpa del protagonista, probabilmente uno degli eroi Marvel meno carismatici. Lo supporta però il resto del cast, che include figure ben più interessanti, come il “vero” Mandarino, sfaccettatissimo, o la simpaticissima coprotagonista, interpretata da quella stessa Awkwafina che a inizio anno aveva interpretato il drago Sisu. Oltre ovviamente al ritorno inaspettato di un certo personaggio. Infine, a rimanere impressa è la virata fantasy e alcune coreografie particolarmente indovinate come quella del prologo, che omaggia il cinema wuxia. Una classe, un’estetica e una chiarezza visiva che non tutte le scene d’azione successive si preoccuperanno di avere.

Una sobria soddisfazione, dunque. Che però fa a pugni col brivido che invece l’episodio odierno di What If incentrato su Dr. Strange è riuscito a darmi in soli trenta minuti di durata. La stessa differenza percettiva provata mesi fa confrontando Black Widow e Loki, che continua a far sorgere il dubbio che sia difficile tornare indietro e che il meglio dei Marvel Studios sia ormai dirottato in piattaforma, il luogo dove si approfondisce, si espande e si osa.