L'Asinello

Generazione 1.5

Alla fine degli anni 70 lo studio Disney affronta un periodo di transizione. The Fox and the Hound (1981) entra in lavorazione, segnando il momento del passaggio di testimone fra la prima generazione di animatori, i nine old men, e i nuovi artisti del Cal Arts, che presto daranno il via al Rinascimento Disney. A dire il vero però, nel corso degli anni 70, agli studios si era distinto un altro gruppo di talenti: il team di Don Bluth, idealmente collocato a cavalcioni tra le due generazioni di animatori sovracitate. Questi artisti, tra i quali vi erano anche Gary Goldman e John Pomeroy, avevano dato per tutti gli anni settanta il proprio apporto a pellicole quali Robin Hood (1973), Winnie the Pooh and Tigger Too (1974), The Rescuers e Pete's Dragon (1977), candidandosi a raccogliere a buon diritto l'eredità disneyana.

Le cose sarebbero però andate molto diversamente, e dopo poche sequenze di The Fox and The Hound, Bluth se ne sarebbe andato via dalla Disney, portando con sé undici artisti a lui fedeli e causando così un'emorragia al personale dello studio. Il più importante contributo di Bluth all'animazione disneyana fu la regia del mediometraggio The Small One, animato quasi esclusivamente da artisti appartenenti alla sua cerchia. Il film fu probabilmente un test per valutare l'effettiva capacità e autonomia del team gestito da Bluth. Uscito un anno prima del suo abbandono, e tratto da un libro di Charles Tazewell, questo gioiellino è ambientato duemila anni fa nei pressi della città di Nazareth e narra la storia di un ragazzino e del suo vecchio e scalcinato asinello. L'ambientazione e gli sviluppi della trama fanno di The Small One un istantaneo classico natalizio, portando la company a farlo uscire nelle sale proprio nel dicembre del 1978, in abbinamento ad una riedizione di Pinocchio (1940).

Il Male Minore

Poche storie possono dirsi più toccanti e intense di quella de L'Asinello. Fino a quel momento le featurette prodotte agli studios nell'epoca della xerografia avevano avuto un tono ben diverso: si trattava prevalentemente di mediometraggi umoristici o con finalità divulgative. In ogni caso, la componente narrativa rimaneva piuttosto risicata. Anche i lungometraggi di quegli anni avevano un tono più leggero, raccontando preferibilmente storie scanzonate e contemporanee. Alla fine degli anni 70 però qualcosa cambia, e sin da The Rescuers è palese l'intenzione di tentare una strada diversa, più cupa e meno spensierata. Anche un progetto come The Small One dimostra di allinearsi a questa nuova poetica, puntando ad avere lo stesso respiro dei lungometraggi animati, pur durando meno della metà. A rendere così commovente il mediometraggio è il presupposto narrativo di base. The Small One racconta di come il piccolo protagonista si ritrovi costretto dal padre a vendere il suo asinello preferito. Sebbene la prima parte mostri il rapporto tra il ragazzo e l'animale immersi nella loro quotidianità, ben presto ci si rende conto che qualcosa non va e che il padre ha ottime ragioni per voler vendere la bestiola. L'asino Piccolo, infatti, è ormai troppo vecchio per trasportare i carichi di legna che invece gli altri muli reggono benissimo, e il suo contributo è quindi insufficiente a ripagare il proprio nutrimento.

La seconda parte è ambientata nel centro di Nazareth e ci mostra i vani tentativi del bimbo di vendere l'animale a qualcuno che avrà cura di lui. Sebbene Bluth inserisca a piene mani siparietti umoristici e scenette leggere, cercando di sdrammatizzare e alleggerire i toni, un desolante senso di perdita pervade ugualmente ogni minuto della pellicola. È paradossale e frustrante infatti che il bimbo sia costretto ad affrontare con molte difficoltà una quest il cui unico sbocco positivo sia riuscire a dare un degno addio all'amico. Il ragazzino si ritroverà quindi alle prese con banditori, truffatori e mercanti a lui ostili, fino a rimanere con un'ultima possibilità: vendere Piccolo ad un conciatore di pelli. Fortunamente il finale a sorpresa rappresenta un faro nel buio: a comprare la bestiola sarà infatti San Giuseppe, che ha bisogno di una cavalcatura per portare la moglie a Betlemme. Piccolo dunque sarebbe proprio l'asinello che nell'iconografia cristiana assisterà nella grotta alla nascita di Cristo. Oltre a donare retroattivamente all'intera vicenda un differente significato, questo colpo di scena dimostra una certa maturità narrativa da parte degli artisti in forza allo studio in quel particolare momento di transizione.

Ciao, Mowgli!

Graficamente The Small One si presenta come una delle produzioni più curate del periodo. Si tratta di un mediometraggio xerografico, sebbene i tratti di matita non siano evidenti quanto nelle produzioni degli anni precedenti. I personaggi principali e quelli più caricaturali si allineano a modelli disneyani preesistenti: è il caso del ragazzino, evidentemente ricalcato sul Mowgli di The Jungle Book (1967), ma anche dello stesso Piccolo, che in molte sue espressioni ricorda proprio l'Elliott di Pete's Dragon (1977). I personaggi di sfondo come i popolani, il padre del protagonista, il conciatore e lo stesso Giuseppe si discostano da tali modelli e si adeguano ad un'estetica meno caricaturale e più verista. Queste variazioni dallo standard sono probabilmente dovute allo stile fortemente personale del team al lavoro sul mediometraggio.

La mano di Don Bluth e della sua cerchia è inoltre particolarmente evidente nello stile delle animazioni. Spesso il giovane protagonista assume delle espressioni bizzarre (i suoi occhi hanno pupille molto piccole) mentre la maggior parte dei personaggi caricaturali presenti a Nazareth sfoggia una recitazione sin troppo sopra le righe. Il tentativo di Bluth di conciliare la ricerca di realismo con l'amore per la caricatura rimarrà una costante per tutta la sua carriera, dando risultati non sempre ottimali. I personaggi dei suoi film infatti tenderanno sempre ad una recitazione piuttosto manierista, con movimenti innaturali ed espressioni facciali troppo enfatizzate. Tale deriva stilistica si accentuerà solo dopo l'abbandono dello studio, ma ne L'Asinello tali peculiarità riescono comunque ad incanalarsi in modo armonico con l'impostazione recitativa disneyana.

Lacrime in Musica

Benché si tratti soltanto di una featurette, l'impostazione di The Small One ricalca la formula del musical disneyano, da sempre in voga nei lungometraggi. Sono presenti ben tre canzoni, due delle quali scritte dallo stesso Bluth, mentre la partitura strumentale è opera di Robert F. Brunner.

  • Small One - È il tema principale, la struggente canzone con cui si aprono i titoli di testa e che descrive alla perfezione i contenuti dell'opera. La accompagnano alcuni artwork dall'aspetto di stampe antiche e riguardanti il rapporto tra i due protagonisti. Raramente la filmografia disneyana ha ospitato qualcosa di così dolce, immersivo e nel contempo malinconico. Il fatto che a scriverla sia stato Don Bluth dimostra una sensibilità non indifferente. Il tema ricorrerà più volte nel corso del film, fino al bellissimo reprise conclusivo.
  • A Friendly Face - Scritta questa volta da Richard Rich, è la canzone che il piccolo protagonista canta all'asinello durante l'ultima notte passata insieme. Anche questo è un brano assolutamente struggente, in cui aleggia un pesante senso di perdita, reso paradossalmente ancor più evidente dal suo voler comunque infondere un po' di speranza.
  • The Merchant's Song - L'altro lato di Don Bluth. Si tratta di un brano più frivolo e spensierato, inserito per alleggerire l'atmosfera. Viene cantato a più riprese dal terzetto di mercanti truffaldini che si aggirano per le strade della città, fornendo così un contrappunto comico alla vicenda di Piccolo. Si intravedono però i limiti di Bluth nel gestire il registro umoristico, e infatti questo terzetto di personaggi appare un po' fuori posto e con una recitazione fin troppo sopra le righe. Nelle successive riedizioni dell'opera il termine cheat viene rimpiazzato da work, per evitare accuse di antisemitismo, data la rappresentazione chiaramente stereotipata dei tre mercanti ebrei.

Un Futuro Manierista

Sebbene non sia celebre quanto Mickey's Christmas Carol (1983), questo mediometraggio è comunque molto importante per la storia degli studios e rappresenta ad oggi uno dei must natalizi firmati Disney. La sua capacità di immergere lo spettatore nelle atmosfere palestinesi, di stabilire con lui un robusto ponte emotivo fino a stupirlo con una narrazione meno scontata del solito, lo rende un film a dir poco prezioso e probabilmente fra i lavori migliori realizzati da Bluth nel corso della sua carriera. Il regista, dopo The Small One, si dedicherà ad altri progetti, fuor di Disney, sempre con i fidi Gary Goldman e John Pomeroy, arrivando a produrre pellicole molto apprezzabili come The Secret of NIMH (1982) o vere e proprie hit come Land Before Time (1988) e Anastasia (1997).

Tutti questi lavori risentiranno pesantemente dei suoi inizi disneyani, e costituiranno a lungo un'alternativa all'animazione della Casa del Topo. Sebbene il suo intento iniziale fosse quello di far direttamente concorrenza a Disney, dimostrando più volte di disapprovare le scelte dirigenziali e artistiche dello studio, i suoi film non riusciranno mai a raggiungere la perfezione stilistica e ad eguagliare l'estetica del lavoro dei nine old men, di cui avrebbe voluto porsi come reale continuatore. Bluth infatti tenderà spesso a smarrirsi in un'autocompiacenza tale da fargli spesso e volentieri perdere di vista la resa generale ed estetica dei suoi lavori. I suoi film non riusciranno a reggere il confronto con le ben più fresche produzioni del Rinascimento Disney, condannando il povero Bluth ad un lento e inarrestabile declino.

di Valerio Paccagnella - Laureato in lettere moderne, è da sempre un grande appassionato di arti mediatiche, con un occhio di riguardo per il fumetto e l'animazione disneyana. Per hobby scrive recensioni, disegna e sceneggia. Nel 2005 fonda “La Tana del Sollazzo”, piattaforma web per la quale darà vita a diverse iniziative, fra cui l'enciclopedico The Disney Compendium e Il Fumettazzo, curioso esperimento di critica a fumetti. Dal 2011 collabora inoltre anche con Disney: scrive articoli per Topolino e Paperinik, e realizza progetti come la Topopedia (2011), I Love Paperopoli (2017) e PK Omnibus (2023).

Scheda tecnica

  • Titolo originale: The Small One
  • Anno: 1978
  • Durata:
  • Produzione: Don Bluth, Ron Miller
  • Regia: Don Bluth
  • Musica: Don Bluth, Robert F. Brunner
  • Animazione: Heidi Guedel, Chuck Harvey, Ron Husband, Emily Jiuliano, Linda Miller, Lorna Pomeroy, Jerry Rees
Nome Ruolo
Daniela Bielecka Fondali
Don Bluth Musica; Produttore; Regista
Robert F. Brunner Musica
Jim Coleman Fondali
Heidi Guedel Animazione
Chuck Harvey Animazione
Ron Husband Animazione
Emily Jiuliano Animazione
Linda Miller Animazione
Ron Miller Produttore Esecutivo
Lorna Pomeroy Animazione
Jerry Rees Animazione